24 marzo 2011

Arte oltre i confini

 
Smarginazione è un progetto concepito ad hoc per lo spazio LevelOne della Galleria Cardi Black Box: una mostra minimale strutturata sull’idea di confine e di limite…

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La ricerca artistica di Giuseppe Pietroniro (Toronto, 1968. Vive e lavora a Roma) si muove attraverso diversi linguaggi espressivi: dall’installazione alla fotografia, al disegno. Nel suo lavoro l’artista sintetizza, in maniera sottile e consapevole, elementi che provengono da differenti tradizioni, dal minimalismo americano all’arte povera, dagli esperimenti concettuali fino ad una forma di post-moderno tutto italiano. Spesso i suoi lavori nascono da oggetti qualunque, privi di valore, di cui l’artista si appropria, forzando i limiti della percezione della realtà, per aprire riflessioni di carattere esistenziale e psicologico. Sempre centrale alla sua produzione artistica è la riflessione sullo spazio, sul vuoto e su come i luoghi abbiano il potere di trasformare chi li abita o li attraversa.

Smarginazione è un progetto concepito ad hoc per lo spazio LevelOne della Galleria Cardi Black Box: una mostra minimale strutturata sull’idea di confine e di limite in cui Pietroniro indaga come la percezione di ciò che ci circonda sia mediata dal modo in cui percepiamo i limiti delle cose; l’artista, invece di filosofeggiare sulla natura delle cose e dei loro margini, riesce fisicamente a farci percepire l’idea di confine, di limite attraverso i margini dei lavori in mostra: è come se gli oggetti riuscissero a comunicare direttamente con il nostro inconscio.

La tua mostra Smarginazione si sviluppa in maniera uniforme come un’analisi sull’idea di limite e margine, intesi in maniera fisica, ma anche come riflessione sugli elementi con cui uno scultore si deve confrontare quando concepisce un progetto. Sembra trasudare una sensazione di claustrofobia, un bisogno di confrontarsi con i limiti per cercare di infrangerli o, forse più in linea con il tuo fare artistico, di capovolgerne il significato mettendoli in scacco. Come nasce questo progetto?

L’idea della mostra nasce quasi per caso dalla lettura di Il Sistema degli Oggetti di Jean Baudrillard in cui mi ha affascinato soprattutto la descrizione della relazione progressiva che si instaura tra segni e oggetti messi in relazione in uno spazio, tra i quali si determina un limite, un “margine”. In questa condizione tutti gli oggetti che ci circondano si costituiscono in un coerente sistema di segni che circoscrive e regola le condotte e le ideologie del singolo e della società, culturalmente e socialmente. L’idea di lavorare sul confine delle cose è un modo per guardare la società contemporanea in generale, il margine è il luogo in cui due cose si incontrano, la fine della prima è l’inizio della seconda. Faccio sempre più fatica a capire quali siano i limiti ele manipolazioni della realtà, e attraverso la mostra tento di “smarginare la realtà” cioè mettere a fuoco le cose. Tutti gli oggetti sono definiti dai loro margini, che diventano centrali al mio lavoro.




Con questa mostra, dopo esserti concentrato per alcuni anni sulle fotografie e sulle installazioni, torni alla tua pratica scultorea, ma la mano dell’artista sembra essersi ridotta ad un tocco leggero, non crea nulla di riconoscibile iconograficamente, al contrario, agisce sottolineando gli elementi presenti nella realtà, modificandoli solo in parte, montandoli tra loro, ma senza volerli stravolgere; la mostra così diventa un sussurro…

Il momento della creatività incomincia con il vivere come un pensatore. La prima produzione è il pensare, la seconda il linguaggio. Bisogna esprimere le proprie idee sorte dal pensare, poi produrre e rendere la produzione tattile. Sussurro i dettagli proprio per dargli una voce, quasi per gridarli in silenzio. Essi rappresentano un labile confine sulle simulazioni che la stessa realtà genera, facendo scaturire dai segni riflessioni sull’identità, l’intimità e il reale. Nella leggerezza del dettaglio è implicita la profondità della riflessione.

Spesso i tuoi lavori, penso in particolare alle tue installazioni fotografiche, (in cui fotografavi degli spazi vuoti, istituzioni dedicate all’arte, e poi rifotografavi, all’interno degli spazi, le foto degli spazi stessi, creando un effetto straniante, quasi un fotomontaggio ad occhi aperti, enfatizzando attraverso il vuoto la loro vocazione) lavorano per sottrazione, è quasi come se tu non volessi creare nulla di nuovo, ma esprimerti appropriandoti della realtà che ti circonda. In questo caso, di nuovo, il titolo ‘Smarginazione’ evoca un’attività minima in cui vengono eliminati i margini per rendere ciò che è al centro più evidente, rispecchia il tuo modo di lavorare?

Diciamo che la mia pratica artistica si concentra su una riflessione del contesto in cui vivo per cercare di avere un punto di vista fermo. È un po’ come quando si realizza un disegno in prospettiva, e la cosa più importante per avere una visione corretta è scegliere il punto di vista. Se mi fermo a riflettere, mi rendo conto che tutto intorno a me è portato al limite, basti guardare la società globale in cui viviamo, tutto è accelerato, esasperato, le idee diventano obsolete in un attimo. Ti faccio un esempio: l’ansia di dire qualcosa, di portare nuove idee e di sovrapporre determina un gran chiasso e rende tutto poco chiaro. Bisognerebbe togliere anziché aggiungere, iniziare a sottrarre per fare chiarezza, riuscire a determinare un punto di vista vergine. Con Smarginazione mi concentro sui margini, su quelle linee che circoscrivono un luogo, un tempo e per estensione una riflessione.

L’opera Segno è la rappresentazione tridimensionale di una linea tracciata da te, il segno della mano dell’artista che diventa scultura?

Una pianta nasce e cresce cercando una nuova forma, invece cambia solo proporzione e dimensione. Allo stesso modo io cerco nuove forme attraverso le idee delle forme, concedendomi tutti i margini che la mia immaginazione mi concede. Spesso mi capita di lavorare disegnando per poi sostituire il segno della matita con lo scotch per rendere il disegno

tridimensionale. Con lo stesso principio di tridimensionalità ho cercato di dare forma ad un segno, di farlo diventare una scultura.

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Francesca Anfossi, Milano Cardi Black Box

Mattia Bonetti, Milano Cardi Black Box

ilaria bonacossa (testo tratto dall’intervista di Ilaria Bonacossa a Giuseppe Pietroniro per la mostra Smarginazione, Cardi Black Box)

Dal 24 febbraio al 26 marzo 2011
Giuseppe Pietroniro
Cardi Black Box
Corso di Porta Nuova, 38 – Zona Moscova – 20124 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 10-19
Ingresso libero
Catalogo Box/Notes
Info: tel. +39 024547 8189; gallery@cardiblackbox.com   www.cardiblackbox.com
[exibart]

 

 

 

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