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20
dicembre 2018
Nelle stanze domestiche dello spazio 16 Civico di Pescara si narra una storia di uomini e di animali, di un legame antico quanto il mondo, di un’affinità elettiva dal sapore psicoanalitico. Artefice di questo ambizioso progetto dal titolo Ànimali è il giovane artista abruzzese Davide Serpetti.
Così come in ogni buon libro è l’incipit a tenerti incollato alla lettura, convincendoti che quel libro valga il tuo tempo, la mostra di Serpetti accende subito la curiosità. L’ingresso della mostra risulta privo di opere, preservando il visitatore da qualsiasi influenza e spiazzandolo allo stesso tempo. Un quadrato magico (Relic #11) campeggia sulla parete in fondo allo spazio espositivo, una forma ibrida su fondo neutro che non è un animale né un oggetto compiuto, ma che ipnotizza e richiama come una sirena omerica. Del germano reale impagliato da cui questa forma astratta proviene non vi è più traccia, eppure dal piumaggio verde del suo corpo emergono visioni di luoghi, laghi e orizzonti immaginifici che trasportano il visitatore in un viaggio psicofisico davvero piacevole. Ma per comprendere a pieno l’intento della mostra bisogna tornare indietro, in quella che un tempo doveva essere una sala da pranzo.
In questo ambiente scopriamo il bestiario personale dell’artista: un’installazione composita di quindici piccole tele ad olio raffiguranti un’ampia varietà di animali. Ogni creatura, sia essa un cavallo immerso nell’acqua fino al collo (Horse Head), una coppia di carpe con una rana (Two Carp One Frog #2) o un agnello salvifico (The Lamb), veicola e nasconde un’emozione umana. Emozioni che pur fuoriuscite dal bagaglio storico dell’artista non limitano l’interpretazione dello spettatore che invece, senza accorgersene, già sovrascrive la propria storia a quella dell’autore riempiendola di nuovi contenuti ed emozioni. Basta poco per ricongiungerci con il nostro animale guida.
Davide Serpetti, Two Carp One Frog #2
La felice comunione che si respira in questo piccolo ambiente si arresta nelle tonalità decisamente più cupe della seconda ed ultima stanza. Come già preannunciato dall’ipnotica visione del germano reale si entra in un luogo pittorico dominato dal blu di Prussia che colora quattro delle cinque opere esposte: al centro della parete principale Lion Cavern, un enorme leone stilizzato che se ne sta appollaiato e ci osserva come un avvoltoio; insieme quattro piccole tele che tracciano il solitario percorso di una carpa, un palinsesto di riferimenti letterari e di esperienze negative dell’artista. Apparentemente lontani tra loro, questi cinque lavori si fondono nel comun denominatore del blu, il quale accorre a disegnare un fondale marino, una riva o un abisso, lasciando aperta ogni soluzione interpretativa.
L’intero percorso espositivo si sostanzia di divagazioni sul tema dell’ibrido e della chimera, disegnando un confine invisibile ma costante tra animale-umano, terra-mare, positivo-negativo, finito-non finito, lasciando che sia lo spettatore a recuperare la propria chiave di lettura.
Formatosi nella Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e poi laureatosi alla Royal Academy of Fine Arts di Ghent nel 2015, Davide Serpetti utilizza sapientemente la tecnica pittorica privilegiando colori sgargianti e terapeutici, che mescolati ad una pennellata leggera riecheggiano l’eleganza delle ceramiche giapponesi. L’artista custodisce con garbo gli insegnamenti accademici e combina la potenza comunicativa del non finito michelangiolesco allo studio dei disegni preparatori di Géricault, volgendoli alle sue necessità espressive.
“Ànimali” è dunque un moderno bestiario a la Dürer che profuma di ricerca, di simbolismi e di tanta cultura odierna: nelle tessere del mosaico persino Van Eyck, Cattelan e Aita dialogano tra loro in armonia e lo spettatore abbandona la mostra riassaporando la straordinaria forza della pittura.
Giulia Fonzi