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Dialoghi: confronto tra culture nell’area del Mediterraneo | Residenze delle arti performative a Villa Manin

di - 31 Gennaio 2016
È partito lo scorso 17 novembre, nelle foresterie dell’esedra di Villa Manin a Passariano (UD) il primo progetto in cui la Regione Friuli Venezia Giulia, con il contributo del MIBACT, si impegna  — finalmente — ad offrire per un triennio, delle residenze a giovani artisti, musicisti e performer teatrali. Ad iniziare sono stati proprio questi ultimi, invitati dal CSS – Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia che, con Dialoghi: confronto tra culture nell’area del Mediterraneo, si pone l’obiettivo di mettere in comunicazione, in un contesto solitario, artista e territorio, generando, così come evidenziato nel comunicato stampa, “delle vere e proprie comunità artistiche temporanee che non operano in isolamento ma, al contrario, in una ricerca di relazione permanente con il territorio e chi ci vive”. Le residenze, che si sviluppano in un arco temporale di venti giorni, al termine del quale viene presentata la riflessione svolta dagli artisti, hanno ospitato e ospiteranno dal 4 al 26 gennaio 2016 il Collettivo W; dal 18 gennaio al 05 febbraio il coreografo e danzatore marocchino Radouan Mriziga con i danzatori Maria Ferreira Silva, Maite Jeannolin e Karl Saks e infine, dal 7 al 21 febbraio il performer croato Matija Ferlin.
Ad inaugurare il progetto sono stati invece i giovani Dewey Dell, che sabato 12 dicembre hanno presentato al pubblico due progetti musicali: Africa Blues, interamente gestito da Demetrio Castellucci/Black Fanfare e una performance-dj set alla quale hanno preso parte tutti e quattro i componenti (Agata, Demetrio, Teodora Castellucci ed Eugenio Resta). Se il primo è un mélange di musiche e canzoni blues che accompagna lentamente all’interno dell’opera, mettendo anche a dura prova la resistenza dello spettatore, ‘costretto’ seduto, non solo ad ascoltare la musica, quanto a guardarla, entrando nella ripetitività delle strofe, osservando i luoghi e i volti di chi l’ha diffusa, il secondo lo risucchia e travolge in una stratificazione di sonorità cupe e magmatiche; di espressioni turbate e movimenti precisi. Se in Africa Blues viene data importanza all’arcaicità e narratività di suono e testo, all’anima malinconica di chi è stato sradicato, nel dj set i suoni si insinuano nei luoghi più reconditi dell’inconscio e l’attenzione è puntata sulla sperimentazione. Sulla connessione fra suoni e gesti, fra movimenti ed intensità del volto. Non c’è nessuna scenografia, nessun costume, nessun trucco. Solo un tavolo con le strumentazioni per generare o manipolare i suoni e dei fili connessi al corpo. Solo quattro ragazzi con maglietta e pantaloni neri che si muovono prima dietro e poi davanti al bancone, generando delle ombre cavernicolari che si dilatano sullo sfondo e all’interno di noi. Tutto è scarno, secco, crudo, eppure amplificato dal grande potere che questi artisti da sempre hanno — Teodora nello specifico —, di creare il tutto dal nulla, arrivando in profondità e provocando brividi a fior di pelle. A fine spettacolo parlo con loro di preistoria, di quanto un tempo, un semplice segno, graffiato sulla roccia, fosse in grado non solo di raccontare l’intera storia delle persone, quanto di ricostruirne la loro gestualità. Mi parlano di “archeologia dei movimenti” e di questa volontà di catturarli, farli propri, reinterpretarli, un po’ come era avvenuto con le melodie del blues afroamericano. Penso, ed è forse un pensiero banale ma che a mio avviso necessita di maggiori attenzioni, al potere e alla forza che la musica ha sempre avuto nell’instaurare una connessione emotiva fra le persone. Di quanto essa sia l’unica parte che persiste nella memoria umana anche quando questa viene cancellata e di quanto, — e l’ultima biennale di Venezia ne è stata un esempio —, gli artisti la usino sempre più per parlare di politica, emarginazione, sfruttamento o assenza di lavoro. Per attuare un dialogo immediato volto a creare un’unione forte e spontanea.
Eva Comuzzi
spettacolo visto il 12 dicembre
Dal 17 novembre al 21 febbraio 2016
Villa Manin, Passariano
Prossimi appuntamenti:
18 gennaio-7 febbraio 2016
Radouan Mriziga, coreografo e danzatore marocchino con i danzatori Maria Ferreira Silva (Portogallo), Maite Jeannolin (Francia) e Karl Saks (Estonia).
Dimostrazione aperta al pubblico 4 febbraio
7-21 febbraio
Matija Ferlin, performer croato

Nata nel 1977 è storica dell'arte e curatrice, collabora con MOROSO e ArtVerona. Lavora per diversi anni alla Galleria d'Arte Contemporanea di Monfalcone, specializzandosi nell'operato delle giovani generazioni. Al termine di questa esperienza, fonda NASAC (Nuova Accademia delle Arti Storico-Artistiche Contemporanee), progetto itinerante e trasversale che ha lo scopo, attraverso delle lezioni aperte a tutti, di far conoscere e divulgare le arti e la loro connessione con le altre discipline.

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