Attraversare il percorso disegnato dalle opere della mostra di Alessandro Roma “Vertigo. Walking on the edge of the tone”, a cura di Irene Biolchini, al MIC di Faenza è come planare in un giardino incantato, dove una ventina di lavori sembrano fiorire dal museo e ad esso tornare, senza soluzione di continuità con i manufatti conservati e l’architettura. Una mostra dalla fortissima componente installativa, che attraverso un allestimento di grande precisione riesce a far emergere l’indissolubile continuità tra due componenti fondamentali della poetica dell’artista: «La relazione tra le ceramiche e i tessuti che prende corpo in mostra – ci ha raccontato Roma -, è un tentativo di unire la bidimensionalità e la tridimensionalità della mia ricerca. Mi interessava trovare un punto di unione tra queste due dimensioni spaziali: l’approccio bidimensionale con cui sono nato, dalla pittura e dalla tela è sfociato nell’avvicinamento alla forma tridimensionale, più recente – anche se ormai prosegue da quasi un decennio – che in questi ultimi anni è approdato alla sperimentazione con la ceramica. Mi interessava l’aspetto di mimesi tra i disegni e i colori dei tessuti appesi e la presenza delle ceramiche, un’unione che induce nello spettatore una scoperta continua nel momento dell’attraversamento dello spazio. Per quanto riguarda il lavoro sulla collezione, non si è trattato di una ricerca storiografica, quanto di lasciarmi influenzare in modo diretto dai manufatti conservati, senza concentrarmi unicamente sulle ceramiche, e scoprire che cosa avrei potuto coglierne e come avrebbero influenzato la mia produzione per la mostra».
Alessandro Roma, Vertigo. Walking on the edge of the tone, vista della mostra
“Vertigo. Walking on the edge of the tone” trova un aspetto fondamentale nella sua lunga genesi, che ci siamo fatti raccontare dalla curatrice: «La mostra – ci ha spiegato Biolchini – si inserisce all’interno di un programma di curatela che conduco ormai da sei anni negli spazi del MIC e quest’anno è stata collegata alla Giornata del Contemporaneo AMACI. Nelle precedenti edizioni un artista che non lavorava con la ceramica era stato invitato a dialogare con la collezione del museo scegliendo un’area espositiva e realizzando un progetto site specific in relazione alla collezione. Nel caso di Roma tutto è accaduto nell’ordine inverso: lui è venuto a trovarci al museo, ha visto la ricchezza delle collezioni, il laboratorio Munari e soprattutto tutta l’area solitamente chiusa al pubblico, con i depositi, l’archivio fotografico e l’archivio storico. Da lì è nata l’idea di un progetto prolungato nel tempo, che non avesse vincoli in termini di opere da realizzare, ma che fosse una produzione ex-novo. Per un anno e mezzo, quindi, Roma ha frequentato in modo assiduo il museo e durante le pause che la produzione ceramica impone per l’essicamento, la cottura, etc, l’artista ha esplorato tutte le aree del museo e i manufatti conservati. La collezione complessiva del MIC è molto eterogenea e assieme alle ceramiche Maya e Inca, sono presenti tessuti della medesima epoca. Proprio da essi è nata l’idea di realizzare una mostra che non dialogasse con un aspetto specifico della collezione, ma con l’estensione delle risorse del museo e le suggestioni che possono indurre. Queste ultime, nei lavori di Roma, si ritrovano, ad esempio, nei colori ispirati alle ceramiche di Leoncillo e Melotti, al periodo Art Nouveau e aspetti della ceramica di Fontana. È importante ricordare che i tessuti sono stati lavorati in continuità con le ceramiche: Roma era a Faenza, faceva un periodo di produzione di una settimana, poi rientrava a Milano durante i lunghi tempi tecnici di realizzazione delle ceramiche e lì dipingeva i tessuti. La pittura dei tessuti e la realizzazione delle ceramiche sono, quindi, avvenute in una continuità di ricerca che risulta evidente dalle similarità formali delle opere e volevamo che fosse possibile ritrovare questo aspetto nell’allestimento. Abbiamo così scelto di realizzare un labirinto prospettico e ottico basato su similarità formali e cromatiche, con dei risultati quasi in 3D. Per la mostra abbiamo scelto la grade sala dell’interrato del museo, che ha due grandi cavedi in vetro con delle grandi piante, perché era lo spazio che più naturalmente si avvicinava alla ricerca pittorica di Roma. È uno spazio complesso per l’allestimento, perché è una grande sala unica di oltre trecento metri quadrati con delle presenze architettoniche molto forti di alluminio nero e ferro. Per evitare che le ceramiche venissero “divorate” da un ambiente molto luminoso e visivamente presente, con l’artista abbiamo deciso di creare un labirinto prospettico ed esperienziale che viene vissuto dal visitatore muovendosi tra i grandi tessuti e le ceramiche».
Con la sua intensità e unicità “Vertigo. Walking on the edge of the tone” testimonia le potenzialità e l’importanza dell’interazione tra artista e museo, di cui il MIC è, da anni, sostenitore e promotore con numerosi progetti.
Silvia Conta
Mostra visitata il 7 ottobre
Dal 13 settembre al 21 ottobre 2018
Alessandro Roma. Vertigo. Walking on the edge of the tone.
MIC-Museo Internazionale delle Ceramiche, viale Baccini 19, Faenza
Orari: da martedì a venerdì 10.00 − 16.00, sabato, domenica e festivi 10.00-17.30
Info: info@micfaenza.org; www.micfaenza.org