La provincia affila le sue armi. Questa la conclusione a cui arriva il visitatore della doppia personale di Luigi Puxeddu e Fosco Valentini a Genzano. Chi ha la ventura di spostarsi dal centro di Roma, si troverà di fronte luoghi incantevoli, in cui la dimensione di grandeur della capitale non manca, ma risulta modificata, per i cittadini, da presenze naturali e dimensioni urbane del tutto differenti. Bene ha fatto dunque Giovanna Dalla Chiesa, curatrice del progetto, a proporre qui le opere dei due artisti, attivissimi a Roma e a Locarno, tentando un innesto tra la ricerca più spericolata e le architetture post-cinquecentesche del fabbricato.
Si comincia con un’anatomia umana sezionata di Valentini, giustamente posta tra le fondamenta del palazzo, come a riprendere tradizioni ctonie, ben presenti nella costituzione del nostro organismo, che nel suo interno mostra più esplicitamente la combinazioni dei quattro elementi archetipici. Del tutto differente la prospettiva culturale di Puxeddu, che invece dell’uomo sceglie l’animale come soggetto, con movimento piuttosto inedito nella storia dell’arte (ricordiamo il coniglio di Durer, la pala di Van Eyck e poco altro, meno ancora in scultura…).
Tra questi due estremi si svolge la mostra che ha sempre ben presente la terra, in tutte le sue entità significanti: come elemento naturale posto in un contesto cosmico (qua i riferimenti di Valentini a Copernico, di cui riprende le ricerche astronomiche come l’iconografia, infatti nelle sue opere cita spesso il cinquecento magico e alchemico), come luogo di gestazione della vita, come ambiente culturale. Qui si trova anche la telluricità degli animali di Puxeddu, che diventano sempre più semplificati e monumentali, con la perdita progressiva di quel tocco di morbidezza presente nelle sue prime prove, per esprimere il primitivismo di forme e soggetti, visto che il tema prescelto sono gli animali preistorici. Leggo ciò anche come una critica sociale, un riparare nell’anti-grazioso, contro i nostri tempi decisamente ingrati.
Al contrario della monoliticità di colore e materia di Puxeddu, Valentini sperimenta tecniche decisamente varie. La scultura di cui scrivevo a inizio articolo è inquadrata da due bronzi, materia del tutto differente dal resto della composizione. In realtà l’eclettismo tecnico dell’artista si esplicita al piano superiore, dove vengono utilizzati i video, la fotografia, perfino una realizzazione lenticolare delle opere, che mostrano un doppio fondo, uno sdoppiamento in seno se stesse, per una manifestazione della scissione contemporanea, e una congrua rappresentazione dell’enciclopedismo connesso oggi ai miti. Al contrario Puxeddu sembra voler frequentare il regno della solidità, in cui anche l’ombra di questi animali è materiale, con un effetto di semplificazione decisamente riuscito.
Se il tema della terra, presente anche nel titolo, è un contenitore capace di miriadi di atteggiamenti, occorre ammettere che i loro estremi sono magnificamente rappresentati dai due artisti. Primitivismo e complessità, semplificazione e citazionismo, tecnologia e manualità, ideale e materiale convivono in una mostra che è un invito ad uscire dai soliti tracciati del contemporaneo.
Paolo Aita
mostra visitata il 2 settembre
Dal 25 luglio al 6 settembre 2015
Ligi Puxeddu, Fosco Valentini, Sopra l’orizzonte Terra.
Palazzo Sforza Cesarini, Genzano, (RM)