I nuovi dipinti ad olio, realizzati appositamente per la Pattern Room della Collezione Maramotti,
e i carboncini su carta della pittrice inglese Phoebe Unwin (1979) hanno una forte componente cinematografica. L’idea di campo, la qualità del movimento e la messa a fuoco dell’immagine, la relazione tra colore e monocromo, tra frammento e intero, tra prossimità e distanza; il taglio e le visioni orizzontali e verticali e la possibilità per l’immagine di estendersi oltre i limiti della tela.
“Field”, titolo emblematico della mostra, richiama il campo della visione, modellato da memoria e osservazione e, soprattutto, la profondità di campo. C’è una linea tanto magica quanto sottile che demarca i confini tra sfocato e l’immagine morbidamente a fuoco in primo piano, in un dipinto come Approach (2017), particella di un discorso in cui i colori solidi come blocchi da costruzione lavorano insieme alle forme, alla verticalità del quadro e alle sue dimensioni per creare un campo atmosferico.
“Voglio che il dipinto salti fuori”, rivela Phoebe Unwin ed è proprio ciò che accade nella relazione intima che si instaura tra l’osservatore e i ritratti di panorami presenti in “Field”. I colori vivaci e brillanti (in prevalenza giallo, rosa e verde) con le loro qualità fisiche (stratificazione e Impasto) che condensano oggetti e pensieri, persone e luoghi pulsano, si accendono ed esplodono.
Oltre a manipolare il fuoco dell’immagine per dirottare l’attenzione in una specifica porzione della cornice che viene attivata, l’artista utilizza questo espediente per rivelare la dinamica intrinseca al dipinto. Il movimento ha un carattere lento, fitto, ma irruente. In un tempo sospeso come nello spazio, mentre vicino e lontano coesistono, le figure umane si trasformano in “sculture di sentimenti” e si impastano con i luoghi rendendosi talvolta indistinguibili.
Phoebe Unwin, Field, vista della mostra
Prosegue così un’indagine iniziata nel 2018 con la mostra Pregnant Landscapes alla galleria Amanda Wilkinson di Londra e rivolta al paesaggio con un senso del corporeo, fertile perché contiene una tensione ed eloquente perché assorbe in sé il cambiamento.
Phoebe Unwin definisce la sua pratica come un movimento di “Astrazione al contrario” in cui l’astrazione viene utilizzata come innesco per la figurazione. Non si tratta di una tensione agli antipodi, piuttosto di una transizione rapida e omogenea di luce e colore che stupisce, seduce e connette. “La visione prende la qualità del cinema con la suggestione della narrazione, del movimento e dell’attenzione agli strani dettagli”, dice l’artista. I carboncini su carta in mostra ricordano i bozzetti del cinema e ricalcano la struttura del montaggio e, nonostante vengano trattati più come disegni preparatori, costituiscono un nucleo rigoglioso a sé stante a testimonianza della maestria con cui Phoebe Unwin spazia da una scala di grigi a colori più esuberanti e immaginifici.
“Field” riguarda il ricordo struggente delle emozioni, del sentimento che permea il contorno distante di una figura fuori fuoco, che si dissolve e delinea come una nube nel tempo presente, ma è anche memoria di un futuro appena accennato, misterioso e ricco di nuove possibilità.
Petra Chiodi
mostra visitata il 13 ottobre 2018
Dal 14 ottobre 2018 al 10 marzo 2019
Phoebe Unwin, Field
Collezione Maramotti, Reggio Emilia
via Fratelli Cervi 66
orari: giovedì e venerdì 14.30 – 18.30; sabato e domenica 10.30 – 18.30
info: collezionemaramotti.org