Dieci anni di viaggi, di percorsi, di sguardi attenti puntati su una Lucania incontaminata. Dieci anni ad inseguire forme capaci di tradurre l’incantevole armonia della natura, trasposta poi nei chiaroscuri malinconici di paesaggi senza tempo.
Aldo Marinetti (Geelong, Australia,1962; vive a Melfi) ha raccolto queste sue peregrinazioni poetiche in un raffinato corpus fotografico dedicato alla sua terra d’adozione, la Basilicata. Nutrita di ispirazioni classiche che scansano banalità stilistiche e manierismi, la fotografia di Marinetti seduce principalmente per la semplicità, la grazia, il rigore mai pretenzioso che s’abbandona a un sobrio gusto per l’emotività.
Nel ciclo Segni di Terra, ospitato a Matera nelle sale di Palazzo Lanfranchi, l’artista non si concede ad afflati romantici o cliché pittoreschi, riuscendo a raccontare i luoghi dei suoi attraversamenti agresti con una buona sintesi estetica. Il geometrismo, che descrive dettagli materici o larghe vedute bucoliche, si sfalda all’improvviso in sfocature aeree, nel filtro piovoso di un parabrezza, nel gusto informale per la materia osservata a un palmo di naso.
Derive cartografiche disegnano sconfinati campi di grano divenuti superfici astratte, mentre prendono vita scorci di natura silenziosa, quasi mesta, eppure vivissima: zolle di terra, radici di querce secolari, alberi sottili stagliati su cieli densi, flutti o specchi d’acqua, pareti rocciose, angoli di case rurali, boschi incantati, stradine scoscese di montagna, ponti sospesi sul verde a tracciare iperboliche curve di cemento.
Marinetti, anche quando cattura il dettaglio, non azzera mai il gusto per la composizione.
A volte si sofferma, semplicemente, sulla tranquilla verità di uno scorcio di campagna, indugiando sulle simmetrie, studiando linee prospettiche, costruendo architetture visive essenziali. I soggetti -in assenza di deviazioni narrative, metaforiche o sociologiche- diventano segni, caratteri aspri e netti che disegnano il paesaggio, come a scalfire un piano, come ad intessere una scrittura sintetica, asciutta, rocciosa.
Questa fermezza, però, lascia passare una vibrazione che rende le immagini “calde”, morbide. La capacità di suscitare commozione resta così un fattore portante, assieme alla ricerca di un perfetto equilibrio compositivo.
Una raffinata tecnica di stampa –mediante l’uso di carta a contrasto variabile e di apposite mascherature per controllare i chiaroscuri- conferisce una grana densa, pastosa, quasi pittorica, mentre i bianchi e i neri sono gestiti con decisione ottenendo contrasti a effetto.
Tradizionale lavoro in camera oscura e assenza di interventi digitali in post-produzione: Marinetti sceglie una fotografia composta, lineare, che trova nella tecnica non un obiettivo, ma la possibilità per raccontare l’emozione del contatto con la natura e la compiutezza di forme e strutture. Sintetizzando lo slancio contemplativo e l’amore per la bellezza in un lungo, appassionato reportage.
helga marsala
mostra visitata il 23 agosto 2006
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