Doppio Mare, la mostra di Massimo (San Severo, Foggia, 1961) e Saverio Ruiu (San Giovanni, Sassari, 1885-1971) già dal titolo comunica la volontà di far coesistere due mondi cronologicamente lontani ma che conservano nella scelta del tema un legame indissolubile. La mostra è divisa in due ambienti, nel primo le opere del nipote Massimo, nel secondo quelle del nonno Saverio; a fare da filo rosso il rapporto con il mare e in primis con i suoi abitanti -i pesci- che vengono umanizzati attraverso l’uso della parola. Come spiega l’artista, il punto di partenza da cui iniziare la lettura della mostra è una fotografia a colori che mostra un mare quieto dalle tinte quasi neutre con una scritta misteriosa che recita: “7 minuti dopo”. Il dopo sta ad indicare il passaggio di qualcosa che ora non c’è più, un passaggio di barche con uomini che si sono lasciati alle spalle quel pezzo di mare, ma che allo stesso tempo hanno consegnato ad esso un frammento del loro passaggio attraverso i propri pensieri. In questo senso il doppio del titolo della mostra, oltre a sottolineare la doppia partecipazione, sottolinea anche la doppiezza di un mare che si divide tra la vita in superficie e la vita sottomarina. E che assume anche una doppiezza simbolica esistenziale legata alle voci interiori che ognuno porta con sé.
A sottolineare questa divisione spaziale, proprio di fronte alla fotografia c’è il quadro-acquario Pensieri sommersi, che rappresenta un banco di pesci; ad ognuno è accostato un pensiero. Ad una certa propensione tassonomica -nel quadro sono rappresentate le più disparate specie marittime- si affianca la sottile e raffinata operazione poetica delle scritte, con risultati talvolta ironici. È il caso della stella marina (giù la testa!), del gambero (…non si torna indietro…) o del polpo (abbracciami forte…).
Oltre al lavoro sui pesci e la rappresentazione dei pensieri raccolti dal mare, la parte dedicata a Massimo Ruiu offre dei lavori più concettuali. Come Anime salve, dove la tela è sostituita da un vetro sul quale sono incisi o smaltati pesci e sagome di uomini che sembrano sospesi in uno spazio metafisico. Ed è proprio di questa atmosfera metafisica e surreale che è pregna la seconda parte della mostra, dedicata ai dipinti del nonno Saverio, pittore sardo autodidatta, la cui attività pittorica va dagli anni venti fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
In questi olii il mare degli abissi è riportato in superficie con i colori di un deserto e i pesci, con sguardi quasi umani, sono sempre colti nel loro passaggio. Sembra quasi che vogliano fuggire da qualcosa, cercando asilo in uno spazio che è altrove, fuori dallo spazio del quadro.
maria paola spinelli
mostra visitata il 5 agosto 2006
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mi sembra perfetta la lettura che hai dato alla mostra
...forse ti è sfuggito "qualcosa" (o meglio hai incluso "qualcuno" di troppo) della mostra...capita...