Categorie: altrecittà

fino al 10.X.2005 | Il Caso Giuseppe Antonello Leone | Potenza, Museo Provinciale

di - 7 Settembre 2005

La Provincia di Potenza ha affidato a Philippe Daverio il suo progetto di creare una “rete delle piccole province”. Critico d’arte di frontiera, Daverio ha accettato la sfida convinto che “la provincia possa costituire un modello alternativo di vita a quello della metropoli” e che, in un’era tecnologico-mediatica in cui le distanze sembrano annullate, si possa davvero rompere l’isolamento culturale dei piccoli centri.
L’evento inaugurale di questa collaborazione è la personale di Giuseppe Antonello Leone (Pratola Serra, 1917) artista-artigiano della provincia di Avellino in cui Daverio si è imbattuto nella sua ricerca quasi ‘antropologica’ di artisti nascosti o ignorati dalle strutture ufficiali. Le singolari e divertenti sculture-giocattolo di Leone, sottratte allo studio-bottega sotto la Nunziatella a Napoli, si trasformano in opere d’arte, ironiche e trasgressive, sperimentali e classiche al tempo stesso. Oggetti fatti con i rottami e i rifiuti raccolti tra il pattume di Napoli e, come dice l’autore, “risignificati”, vivificati di una nuova forma/luce che li sottrae al loro destino di rifiuto e gli restituisce la dignità perduta. Un lavoro apparentemente leggero, vicino al divertissement e all’audace dissacrazione artistica di dadaisti e surrealisti come Man Ray o Duchamp, è in realtà un gesto estetico ed etico di riscatto della materia attraverso l’ironia pungente propria dei meridionali.
La mostra è un continuo susseguirsi di meraviglie, oggett i abbandonati che magicamente prendono vita sotto gli occhi dei visitatori. Si apre con un omaggio al maestro che compie 88 anni proprio il giorno dell’inaugurazione: un’esile sagometta, fatta con il fil di ferro che ricopre i tappi di spumante, seduta su un cubo di legno nero, come in attesa del suo futuro Compleanno. Riflessione, omino allo specchio è una scheggia di legno che diventa un uomo nell’atto di specchiarsi-riflettersi; un gioco d’immagini che diventa gioco di parole e il concetto di riflessione che rimanda all’atto della meditazione esistenziale. Sfilano su un abbacinante sfondo oro I Petrolieri, sceicchi dalle espressioni avide realizzati con le lattine di olio per motore e, subito dopo, scatolette di latta destrutturate occupano lo spazio in maniera insolita (Danzatori). Segue una serie di ritratti sarcastici: bastano dei trucioli di ferro come riccioli di capelli per trasformare un tronco d’albero in un ritratto femminile sexy e buffo (Isterica), una molletta per i panni per creare un saccente uomo barbuto (Cuneo barbuto), contenitori di plastica per detersivi per dare vita ad un Carabiniere degno della migliore ‘commedia all’italiana’. Le tante maschere dell’esposizione, sempre realizzate con materiale di scarto (Maschera uova), hanno qualcosa di misterioso e sacrale, di mitico e arcaico. Come i surrealisti, che amavano l’arte primitiva per quanto poteva insegnare in termini di ideazione di archetipi, così Leone subisce l’influenza di antichissime civiltà mediterranee. Vecchio dell’Obi, antico dio-pesce dei popoli degli Urali, mostra una concezione primordiale della forma simile a quella che Giacometti ricavava dai manufatti primitivi visti al museo etnografico di Basilea. La stessa fascinazione per l’arte antica la ritroviamo nella ‘galleria’ di civette ricavate da rotolini di carta e pacchetti di Marlboro (Raduno di civette, Civetta verde civetta grigia): deliziosi balocchi che rimandano però anche all’animale sacro che accompagnava le anime dei morti agli inferi.
Ma la poetica di Leone non reinterpreta solo l’objet trouvé, altrettanto sorprendenti sono i suoi strappi murali che egli ri-definisce “archeologia murale”. Ben diversi dalle accattivanti icone pop di Rotella, i décollages di Leone sono come i livelli di uno scavo archeologico che raccontano per stratificazione la storia di un luogo: le lotte operaie e contadine negli anni ’50-’60 (La rivoluzione è fatta), la stagione della Resistenza e le lotte partigiane (Nego) ma anche uno splendido tramonto sul Vesuvio (Sole rosso).
Gli ultimi lavori del 2005 giocano con i segni della modernità: i due progenitori biblici, Caino e Abele, sono sagome di profilo d’impianto pierfrancescano fatte di complicati e coloratissimi circuiti elettronici, androidi (e futuri rifiuti?) della società tecnologica. Un nuovo campo d’indagine per il maestro che, a quasi novant’anni, sta programmando il lavoro per i prossimi venti…

barbara improta
mostra visitata il 7 luglio 2005


Il Caso Giuseppe Antonello Leone
Potenza, Museo Provinciale, via Ettore Cicciotti
Orario di visita: dal martedì al sabato 8.30 – 13.30 / 16.00 – 19.00 lunedì domenica e festivi 8.30 – 13.30
ingresso libero
a cura di Philippe Daverio con la collaborazione di Elena Agudio e Umberto Zampini
per informazioni: tel. +39 0971444820
museo@provincia.potenza.it
www.provincia.potenza.it/museo/default.htm


[exibart]

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