28 dicembre 2000

Fino al 11.II.2001 Human Image British Museum, Londra

 
Come ci vediamo? Come ci vedono gli altri? Un viaggio attraverso le epoche, le diverse civiltà ed etnie per riscoprire le mille sfaccettature dell’immagine umana e un nuovo modo di vedere l’arte nei musei.

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Se vi trovate per le vie di Londra, molti sono i motivi per cui non potete perdervi una “breve” visita al British Museum. Innanzitutto da pochi giorni è stata inaugurata la più grande piazza coperta. Varcata la soglia d’ingresso, vi trovate in un enorme spiazzo sovrastato da un intreccio di linee metalliche che vi riparano dalla gelida aria londinese, ma lasciano filtrare i deboli e radi raggi solari.
Poi, per gli amanti della tradizione o per chi al British non c’è mai stato, non può essere evitato il classico tour tra i fregi del Partendone, la stele di Rosetta, le mummie egizie e le porcellane cinesi. Ma se dopo il classico giro avete ancora forza o se avete voglia di viaggio attraverso l’arte un po’ più stimolante, vi rimangono ancora le mostre temporanee. Molte in questo momento: Gladiators and Cersars, Diary 2000, Correggio e Parmigianino e altre.
Ma, se volete un consiglio, lasciate stare tutto questo e, appena entrati nel museo, salite l’imponente scalone davanti a voi. Lì, nella sala sopra la biblioteca (la Great Court), un miscuglio di opere, che apparentemente non sembrano avere niente in comune, è riunito insieme. Cosa ha a che fare la statua votiva di un’antica popolazione sudamericana con un ritratto di donna di Matisse? Per non parlare, poi, dello schizzo di Leonardo posto a fianco ad un guerriero cinese.
La cosa più assurda è che non ci sono cartelli esplicativi, tranne piccole targhette con il titolo dell’opera, l’autore e la data di creazione. Ancora un particolare a complicare il tutto: non solo non ci sono spiegazioni, ma le opere sono alternate a frasi, anzi a versi, che parlano della gioia, della vita, della religione, insomma affermazioni alla rinfusa che gettano il visitatore in un gran caos. Sono persa: chissà cosa dovrò notare? Forse è un percorso storico? Sì, sarà così! Ah infatti, ecco, I° secolo a.C., 1267, 1876,… Ma come? Adesso IV° a.C.? Cosa c’entra?
Continuando a girovagare senza meta trovo la chiave di volta dell’esposizione: sono io, anzi siamo noi, noi visitatori. Sta a noi capire se c’è un percorso o un filo conduttore. Gli organizzatori si sono limitati a riunire in un’unica stanza delle rappresentazioni dell’uomo appartenenti ad epoche diverse, di differenti aree geografiche e realizzate con svariate tecniche. Il soggetto è sempre lo stesso, ma il risultato è multiforme. Perché alcune civiltà del passato hanno rappresentato uomini con grandi piedi? Perché gli occidentali per secoli sono stati ossessionati dal realismo e dalle giuste proporzioni? Perché per alcuni la figura umana può essere solo vestita mentre per altri solo nuda? Queste sono solo alcune delle domande a cui non sono riuscita a dare una risposta.
Questa mostra, insieme ad alcune altre che si sono svolte recentemente, vuole aprire la strada ad un nuovo modo di esporre l’arte. Le organizzazioni museali cercano di rapportarsi in modo diverso al loro fruitore. E’ la fine della lezione pronta e l’inizio della riflessione personale. Penso che sia un cambiamento veramente importante che rivoluziona la concezione dell’oggetto d’arte. Spesso la nostra analisi (io per prima) si ferma al periodo storico, alla corrente stilistica in cui rientra l’artista, al contesto e a qualche altra nozione libresca. Ma in fondo cos’è un’opera d’arte per il suo autore? E’ un modo di dirci qualcosa, di parlarci di se stesso e della sua civiltà. E per noi? Difficile dirlo,di pende dal nostro stato d’animo, da dove siamo, da chi siamo. Quindi, a volte, anche quando c’è quella lunga didascalia a fianco al quadro, lasciamola perdere (almeno per qualche istante, la guarderemo più tardi) e lasciamo andare i nostri sentimenti e il nostro flusso mentale, per capire cosa ci vuol dire quel quadro o cosa vogliamo sentirci dire.





“Human Image”. Great Court, British Museum, Great Russell Street, WC1. Metro: Holborn, Tottenham Court Road. Orario:da sabato a mercoledì 10-17.30; giovedì e venerdì 10-20.30. Ingresso gratuito.Catalogo COMPASS.
Legati alla mostra sono proposti due cicli di conferenze:
Huma Image Conference http://www.thebritishmuseum.ac.uk/ethnography/humanconf.html
Call for Papers for Conference: Arctic Clothing of North America – Alaska, Canada, Greenland http://www.thebritishmuseum.ac.uk/ethnography/ethconf.html#human
Per Saperne di più:
British Museum http://www.thebritishmuseum.ac.uk
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Marta Severo

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