Mi aspettavo di trovare del rock. Delle vibrazioni forti, degli eccessi, qualche scontro.
E invece tanta moquette, tanti toni che, seppur acidi, vibrano di poco. É Da Bacon ai Beatles – Nuove immagini nell’Europa del rock, una mostra che lascia abbastanza perplessi e che, nonostante la colonna sonora in dotazione all’ingresso, scuote ben poco.
Così come l’Arte Povera, da cui la mostra prende una posizione molto distante già nel comunicato stampa, ecco un’altra esposizione che più che ghiacciata ha un gusto alquanto polveroso. Non salvano l’ambiente né gli Schifano né il bellissimo Bacon, né Mimmo Rotella o Enrico Baj.
In alcuni tratti si sente tutta la potenza devastante della Seconda Guerra Mondiale e dei frutti della tragedia, in altre pareti si assapora blandamente l’effervescenza della Pop Art romana e le immagini di matrice espressionista di Asger Jorn e Karel Appel, membri del gruppo CoBrA, di Alechinsky e Dubuffet. C’è qualcosa che non torna tra Jimi Hendrix e Attilio Forgioli, o sbaglio? La figura che si perde nella nebbia di Antonio Recalcati è un manifesto milanese post sironiano e la Joan Baez di Guerreschi è quasi futurista.
La definizione di musica rock è pressapoco questa: un genere musicale, nato nel corso degli anni cinquanta e sessanta negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che trae le sue origini nella musica dei decenni precedenti, in particolare nel rock’n roll, nel rythm’n’ blues, nel country e con richiami di musica folk.
“Sulla strada” di Jack Kerouac viene editato per la prima volta nel 1957: siamo negli Stati Uniti, d’accordo, in Europa non esisteva una Beat Generation o, se ne erano arrivati gli albori, allora poteva essere solamente nella vecchia Inghilterra, dove la nuova e indiavolata musica stava divampando con i Beatles (in mostra un multiplo della copertina di Peter Blake dell’album Sgt Pepper’s, che vinse nel 1968 il Grammy come miglior cover).
In Italia si sentivano rumori di Cinquecento, frusciare di canali televisivi con “Lascia o raddoppia?”, innovazioni domestiche e non che gli Stati Uniti avevano già adottato qualche decennio prima.
Il primo Festival di Sanremo è datato 1951, la canzone dei Dik Dik “Sognando la California” del 1966: un arco di tempo in cui la penisola ha guardato, ha sognato, ha immaginato, ha cercato di prendere spunto dalla rivoluzione che accadeva oltre l’Oceano e, in forma minore, oltre la Manica, per cercare di andare al passo con i miti che via via si importavano dalla televisione…ma Bepi Romagnoni, Attilio Forgioli, Mino Ceretti o Alik Cavaliere, solo per citare alcuni dei nomi in mostra, ahimè, rock non lo sono affatto.
Tradiscono piuttosto l’animo melanconico, di un’insofferenza sofferta, di quel famoso Realismo Esistenziale parecchio lontano da Mick Jagger o da quel concerto tenuto, in onore del dio rock, dal 15 al 18 Agosto 1969 a Bethel, nello stato di New York, più comunemente chiamato Woodstock.
Anche in questo caso siamo a seimila chilometri dall’Italia, ma anche in questo caso siamo di fronte al movimento che il rock aveva portato con se e che in Italia era arrivato in forma meno hippie con la contestazione e i suoi annessi e connessi. Saltati a piè pari e quasi rinnegati nella mostra.
“Da Bacon ai Beatles” preferisce un approccio più pettinato, quello che sarebbe potuto piacere ai nonni degli scandalosi ragazzi che si facevano crescere i capelli.
Perfino la Scapigliatura a confronto sembra più audace.
Insomma, a parte qualche pezzo degno di nota, il resto per quanto mi riguarda è decisamente trascurabile. Il rock è un mondo che non è appartenuto all’Europa, tantomeno all’Italia, che ha scoperto il primo cantante “rivoluzionario” in Lucio Battisti (e già correva l’anno 1966, quando debuttò come solista con “Per una lira”) mentre qualche anno prima erano arrivati gli “urlatori” che avevano preso in prestito l’immagine di Elvis Presley e che erano impersonati dal giovane opinionista Celentano, da Rita Pavone, Mina, Little Tony e Gianni Morandi.
Il nostro rock insomma inizia negli anni settanta, una volta assodata la lezione americana.
Se poi vogliamo parlare della Nuova Figurazione, Nouvelle Figuration, e dei “miti quotidiani” mi chiedo perché non si sia aperto un capitolo sulla contestazione nei confronti dei Nuovi Realisti, in bilico tra Milano e Parigi e capitanati da Pierre Restany, ma si sia invece fatto un gran parlare della Pop Anglosassone e della scuola romana che, in entrambi i casi, la corrente francese rifiutava.
Se poi vogliamo anche parlare della colonna sonora vorrei sapere perché non la si sia “sparata” in tutto l’ambiente: avrebbe contribuito a rendere questa esposizione un salotto degli anni Cinquanta un tantino meno borghese e milanese.
matteo bergamini
mostra visitata il 22 novembre 2011
Da Bacon ai Beatles -Nuove immagini in Europa negli anni del rock-
a cura di Chiara Gatto e Michele Tavola
Museo della Permanente
via Turati 34
20121 Milano
026599803
026551445
da martedì a venerdì 10.00-13.00/ 14.30-18.30
sabato 10.00-18.30
lunedì chiuso
Ingresso 6 euro intero, 4 ridotto, audioguida inclusa.
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