Un vernissage ricco di presenze per la retrospettiva che racconta anche il presente di un’identità creativa trasversale, dominata dalla natura neo-romantica dell’artista. La passeggiata, costruita dallo stesso
Michele Carone (Bari, 1952; vive a Polignano a Mare, Bari) come il catalogo, corredati da testi di suo pugno, evidenzia un percorso dal ’73 a oggi, scandito da affinità con diverse correnti artistiche.
Un artista errante, felice di essere “
un granello di sabbia nella grande spiaggia dell’arte”, con un esordio “contro” nei primi anni ‘70:
Cadaveri eccellenti è un ciclo (non in mostra) di “spaventapasseri” di forte impatto teatrale, bandiera delle idee politiche libertarie di un Miki post-sessantottino. Un’ideologia che associava ogni forma di potere alla morte; un’arte di rottura, che ferma in immagini il rogo di una statua della libertà fatta di dollari o
Il gioco degli indani, dove Carone s’identifica col “selvaggio”. Per restare un puro, per sempre.
L’intento
concettuale è da ravvisarsi nel ciclo d’installazioni, disegni e fotografie rimaneggiate –
Apparenze,
Verosimile,
Odore di arte – mentre un pop tutto italiano (evidente qualche tributo a
Mario Schifano) è in installazioni come
Gauguin Island Club Med, non esposta, o nella gustosa
Pellepellicola, parte di un ciclo ben riuscito, dove v’è il tentativo di snaturalizzare la celluloide srotolata, e renderla elemento scultoreo e cromatico a emblema di un sistema, di un elemento naturale, di un oggetto. Un recupero della superficie materica esplosa anche con l’uso di raggi di garze, modellati su tela.
Arriviamo così agli anni ’80, quando pare completamente abbandonato l’impegno a favore di un perenne omaggio al blu (il
Blu Carone, quello del cielo prima che faccia notte), espresso fin dalla mostra
Oriente ed Occidente nelle “icone-aniconiche”, nel ready made marino, motivi chiave delle ricerche anni ’90. È da allora che, con
Voglio la luna, sperimenta anche la videoarte, con risultati meno interessanti, più documentaristici e naïf.
È sicuramente il suo trasferimento nell’Abbazia di San Vito a suggestionarlo, come i continui riferimenti onirici, che lo portano al tentativo di fondare un ideale “Partito dei Pittori Romantici Ironici” – omaggiando pace e amore, preferendo l’azzurro e il rosa – e il
Dizionario enciclopedico scientifico fantastico, in cui inventa una generazione meticcia (i
Miti mutanti), mescolando cinema, arte, sacro, cartoon e scorci paesaggistici.
Orientatosi su soluzioni particolarmente decorative, rifiutandone tuttavia la dimensione artigianale, più recentemente con l’
Atelier Blu produce una serie di mosaici “
tra Ravenna e Bisanzio”, contemporanea ad alcune finezze concettuali (
Mare portatile del 2004 o
Il mare, omaggio a Piero Manzoni e Pino Pascali del 2008) e scultoree polimateriche (
Lucciole/Buddha e
Andromeda, 2007).
L’opera monumentale sul fondo della Sala Murat,
Assalto al Cielo, pare voglia riassumere in toto il percorso di Carone, fatto di dolcezza e poesia, privo di rigidezze mentali e libero dalle mode. Perché, come dice di sé, “
giocare è l’unica cosa seria che so fare”.