Una ludica plasticità. È questa la prima cosa a colpire delle opere delle David Lindberg (Iowa, 1964, vive ad Amsterdam). Siano esse prettamente bidimensionali, simili alle classicissime tele come Almost flat, o veri e propri assemblaggi di materiali di recupero, come Without organizer, si avverte lampante la manipolazione della materia che diventa piacere tattile e poi visivo. Un piacere quasi infantile, scaturito non tanto dalla creazione ex novo bensì dalla ricerca ed il rinvenimento di buste di carta, cartoncini, lampadine, ferro, pigmenti di colore, e molto altro, tali da costituire un essenziale coacervo (in)coerente di materia. Ma questo è solo un lato della medaglia.
Vi è infatti nel modus operandi dell’artista un fantasioso spirito quasi stregonesco, che gli permette di plasmare ed includere in fluide trasparenze di resine epossidiche e fibre di vetro la molteplice accozzaglia del mondo radunata attorno al proprio tavolo di lavoro. È così che si creano oggetti sensuali, che nascondono sotto la pelle diafana organi ed organismi, come fantasiosi animali creati in laboratorio e originati da misteriosi e imprevedibili tessuti modificati geneticamente. E spesso, come ad esempio in Something else -realizzato con scatole di lampadine e altri materiali- l’impressione è quella di oggetti che stanno al mondo à la maniére di muffe, insetti, e quant’altro la tassonomia possa includere. Quasi in volo, oppure appiccicati al muro, o pendenti dal soffitto come ragni, o appoggiati a postmoderni rami di alberi in ferro. O, come in Self portrait (un mostruoso “pesce” che richiama alla mente le fantastiche creature marine create dal genio di Hieronymous Bosch) nell’acqua, con appendici colorate di plastica e pezzi di specchi a mo’ di pinne, e delle polaroid dell’artista manipolate e rese quasi illeggibili come coda.
Molto interessanti i pannelli (bidimensionali) come Something Inbetween, il cui peso della materia è reso impercettibile da sfumature e dalla ricerca di una cromia sfuggevole che tende, con un rigore tutt’altro che algido, ad aprire squarci nelle pareti. Stucchevoli invece quelli con mille piccole estrusioni multicolor simili a gocce, ma il meglio l’artista lo dà con Curtain, l’opera site specific che pende dal soffitto fino a toccare terra. Lindberg realizza una tenda di plastica alla cui base versa mille strisce di colore che sgocciola sul pavimento stimolando un approccio decisamente sinestetico. Impossibile trattenersi. Per vederla bene servono le mani.
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daniele capra
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