Si crede che i piccoli centri di provincia non possano reggere il confronto con i grandi poli museali. E forse è vero. Ma le mostre sono diventate troppo spesso intrattenimento per persone annoiate e il numero dei tagliandi strappati sembra essere l’obiettivo principale degli organizzatori (Vero Goldin?). La città di Mogliano Veneto sembra seguire una strategia in controtendenza: esposizioni concettualmente mirate, opere limitate nel numero ma scelte con criterio e gusto non banali.
Fondato nel 2000, dopo le opere grafiche di Piranesi, Klinger, Chagall, Matisse, i manifesti di Toulouse-Lautrec, il Brolo mette in mostra una quarantina di opere di Arman (Nizza, 1928), tra quadri, serigrafie e sculture. Quasi tutte provengono da una galleria privata veneziana e sono state realizzate negli ultimi anni dall’artista a New York, città in cui stabilmente risiede.
Arman (Armand Fernandez), che scelse di perdere la “d” negli anni Cinquanta, in seguito ad un errore tipografico nel catalogo del proprio gallerista, sembra essere ossessionato dagli strumenti musicali. I violini, i violoncelli, ma anche gli strumenti a fiato d’ottone sono la benzina che alimenta il motore della sua ricerca estetica. Vengono superate la straniante decontestualizzazione dada e l’allusione surrealista, snobbata la critica pop contro il mondo dei consumi: gli oggetti hanno una funzione puramente estetica, percettiva. E l’uso di oggetti di scarto, ma anche degli strumenti classici del pittore come pennelli o colori ripetutamente incollati sulla tela, serve solo per generare un movimento di tensione tra la materia del mondo e la superficie della tela, intesa non in due dimensioni ma quasi come opera a tutto tondo.
Ma non è solo, a dirla con Wilde “Art for art’s sake” (“L’arte per l’arte”). Si coglie infatti il tentativo di creare un ordine, anarchico e creativo, in opposizione alla semplicità del quotidiano, e che con esso si confronti realisticamente (da qui la militanza dell’artista al Nouveau Réalisme) tramite il colore, la serialità, la dissacrante rottura/capovolgimento degli oggetti che producono arte e musica o misurano lo scorrere del tempo (eccezionale Sveglie, inclusione di sveglie in resina e poliestere trasparenti). Chiare anche le citazioni di Pollock (dripping) e De Chirico nei bronzi di impronta metafisica, nonché Dalì nelle soprammenzionate sveglie.
Infinite (forse troppo) variazioni sullo stesso tema, seppure con gradita la sorpresa della serigrafie, tendono però a dare un’immagine non a tutto tondo dell’artista, che sembra ripetitivo e dà l’impressione talvolta di copiarsi. Questo sembra l’unico limite della mostra. Un po’ troppo circoscritta per temi ed annate anche se concettualmente di notevole valore.
daniele capra
mostra visitata il 16 ottobre 2004
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ma siete impazziti??? moh recensite le mostre con le porcate recenti di arman vendute da telemarket e da orler a venezia? e poi c'è pure uno spunto polemico su goldin!!! santocielo, ma questa è una ragionamento da naif del sottosuolo!!
Mi trovo d'accordo con l'autore.
Lo spunto polemico su Goldin, caro Luigi, ci sta tutto. Per fare leva ci vuole il fulcro giusto e Goldin avrebbe bisogno di un corso accelerato di attenzione ai particolari.
Mica ha per mano Gardaland....
SOSTENGO CHE GOLDIN è SOLO UN CAZZARO DELL'ARTE, PER QUESTO FARGLI QUALCHE ACCENNO CRITICO IN QUESTO MODO è RIDICOLO, PERCHè SEMPLICEMENTE NON BISOGNEREBBE PARLARNE!!!! ALTRO CHE RECENSIRGLI LE MOSTRE! MA PER FAVORE!
Avendo scritto l'articolo non mi sembra giusto commentare/replicare. Per amore di verità volevo solo dire che la galleria che ha prestato i lavori di Arman (che non ho voluto menzionare) non è tra quelle citate da Luigi nè tra quelle che si avvalgono di pubblicità televisiva.