Lontana, indistinta, sfocata. La presenza degli uomini appare piccola cosa nell’universo, tra sconfinati cieli e vaste spiagge. Il tempo e la memoria, indicate come categorie guida della mostra di Giovanni Greci, paiono in verità appartenere soprattutto all’autore. Così, seguendo il percorso tra le sale altri si svelano piuttosto i poli dialettici, e prevale un senso di assoluto: visioni limpide, luminosissime, autonome. Che nello stesso tempo parlano pure della casualità delle singole apparizioni: nuvole, speciali trasparenze del cielo, orme nella sabbia, ombre di persone prive d’identità. Illimitatezza e precarietà, l’immenso in cui perdersi e il relativismo dell’incontro, dello scatto.
Rotte aeree (1990), Memorie di neve (2004), Mappe d’acqua (1990 – 2002): materie, elementi dentro cui sentirsi immersi, superfici da cui lasciarsi incantare, movimenti appena intravisti. L’autore, responsabile di una delle biblioteche comunali di Parma, è anche scrittore e poeta: come fotografo ha diverse le mostre al suo attivo
Sempre preziosi i riflessi, che la stampa del libro non sempre riesce a proporre con la stessa efficacia delle foto in mostra. Ombre come scalfite, sagome nere. Ainda mostra segni di colore sul grigio, particolari indistinti, ma anche immagini definite da diverse città. Il cielo, i suoi colori sono un motivo forte della ricerca, una sorta di richiamo, di bisogno estetico. Linee, confini, tracce: molto spesso con l’ansia d’infinito: in Along the Border, ci sono curve, segni di cui non si vede la meta. Sovrapposizioni, inquietudini oniriche in Like a film Like a dream (1991-2003).
Paesaggi? Sì, anche, ma senza racconto, raramente in situazione: il colore, le ombre paiono cercare una loro verità autonoma, oltre il tempo e lo spazio definiti. Ricordando tra quei cieli e la sabbia, la casualità dell’incontro, l’istante rubato, la visione presto svanita.
valeria ottolenghi
mostra visitata il 12 febbraio 2005
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