Tra lo spazio istituzionale della Biblioteca di Santa Teresa dei Maschi e quello privato della galleria Museo Nuova Era si sviluppa il percorso espositivo di Giulio De Mitri (Taranto, 1952), “uomo mediterraneo” a detta di Paolo Balmas.
In bilico tra “materiale e immateriale”, la sua arte è di derivazione minimal. È figlia dei parallelepipedi aggettanti di Donald Judd, delle forme elementari di Robert Morris, permeata dall’oggettualismo pragmatico, insieme evocativo e mistico, di Dan Flavin. Per alcuni versi affine anche alla ricerca di Joseph Beuys (al quale l’artista tarantino dedicherà un intervento collettivo, a cura di Lucrezia De Domizio Durini Josepj Beuys Kassel 1977 – Biennale di Venezia 2007, progetto speciale nell’ambito dell’evento lagunare) ma, è anche intrisa di lirismo, omaggio alle atmosfere della Magna Grecia jonica, fra Crotone e Taranto, dove De Mitri nasce e opera, anche come direttore artistico degli eventi del neonato ARS MAC.
Quindi, nessun vedutismo o figurazione, tuttalpiù allusione, dialettica sempreverde tra àpeiron (indistinto) e peras (determinato), pitagoriche metafore di vita. Fin dagli esordi, nelle installazioni di De Mitri la materia è sublimata in colore: ha sintetizzato nell’ocra lo splendore del sole; nel bianco le pareti a calce delle architetture meridionali; la profondità del mare l’ha racchiusa nel pigmento lapislazzuli. Il tutto offerto in grandi ciotole, colpite perpendicolarmente da una luce soggettivata.
Un binomio, materia-luce, riletto in chiave ancestrale anche nei due siti di Bari vecchia, ridotto in graffiti digitali di sagome semplici rubate alla natura e nella nota monocromatica del blu, simbolo di spiritualità, ricorrente nell’arte sacra come negli scritti laici di Kandiskij, l’artista-teorico che porta all’astrazione la solidità dell’oggetto. De Mitri imbeve di toni oltremare i light box -supportati da sofisticate tecnologie fatte di led e fibre ottiche che illuminano, dall’interno, stampe lambda su pvc e plexy- evocazione degli abissi lentamente fluttuanti, un’atmosfera rarefatta che rende suggestivi anche i 4 minuti del video Azzurra.
La sperimentazione povera con anilina dei 32 metri quadri di mare di Pino Pascali pare preludere alla tecnologica evoluzione del conterraneo: anche il mare di Giulio De Mitri è asciugato in concetto, racchiuso in forme semplici poggiate sul pavimento o inglobato negli oblunghi contenitori luminosi, assemblati e disposti l’uno su l’altro. In alcuni, oggetti archetipi –la conchiglia, in particolare, cara sia alla mitologia pagana che cristiana– si ripetono ad ornare gli schermi aniconici.
Pezzo forte delle mostre, l’installazione Hic et nunc alla Biblioteca De Gemmis, con cui De Mitri traccia –“qui ed ora”– la mappa del Mediterraneo su una parete blu specchiante alla cui base, in un grande braciere inox, arde un fuoco paradigmatico, ridotto a moderna luce fredda, artificiale e aggettante. E, dribblando facili letture glocal, apre ad un percorso estatico più che estetico (Pietro Marino), che invita alla riflessione malinconica ma anche al disimpegno dell’abbandono, alla pace intima, alla ricerca della serenità universale.
giusy caroppo
mostra visitata il 16 marzo 2007
Un ponte tra Italia e Stati Uniti: c'è tempo fino al 30 gennaio 2025 per partecipare alla nuova open call…
Ci lascia uno dei riferimenti dell’astrazione in Campania, con il suo minimalismo, rigorosamente geometrico, potentemente aggettante nella spazialità e nell’oggettualità.…
Una mostra interattiva per scoprire il proprio potenziale e il valore della condivisione: la Casa di The Human Safety Net…
Al Museo Nazionale di Monaco, la mostra dedicata all’artista portoghese Francisco Tropa indaga il desiderio recondito dell’arte, tra sculture, proiezioni…
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Visualizza commenti
il lavoro di giulio de mitri, ormai da oltre un ventennio, si configura alla stregua di un "riuso", peraltro ingenuo e gratuito, di formule già largamente in uso e, in taluni casi, superate. c'è da rilevare inoltre, specie nella sua ultima produzione, una ridondanza di forme e immagini a dir poco banali, soprattutto quando, queste ultime, sono inserite all'interno di azioni performative. una forma di concettualismo, quella di de mitri, che continua a ripetere le esperienze che, negli anni '80, senza alcuna significativa rilevanza, furono degli interpreti di quella cultura. ridicolo, pertanto, è il rimando a beuys della cui lezione, il nostro de mitri, non ha assimilato alcunchè. lui che "chiude", dentro le sue scatole luminose, angioletti che sembrano appena usciti da una processione di paese.
"tutto fumo e niente arrosto" è il naturale epilogo di questa vicenda della quale, l'unico aspetto sul quale si dovrebbe riflettere, è rappresentato dal traffico di clientele che, l'artista tarantino, è solito innescare, anche attingendo ampiamente dal denaro pubblico (vedi arsenale del mediterraneo, con annesso apparato critico: finizio, barilli e tutta l'allegra brigata...).