Categorie: altrecittà

fino al 14.II.2012 | Pixar | Milano, PAC

di - 15 Dicembre 2011
Non sono solito a lasciarmi intenerire dai cartoni animati, spesso le morali che colgo mi risultano terribilmente conformiste, e non sono mai stato grande fan di Walt Disney, nemmeno in tenera età. Non sono nemmeno un accanito lettore di fumetti o di storie illustrate e non mi fanno particolarmente ridere i film comici e gli spettacoli di varietà, men che meno quelle declinazioni teatrali dove regna la volgarità a basso costo, molto più divertente e catartica nella vita reale che non su un palco.
E visto che l’isteria collettiva che coglie una cospicua fetta della popolazione adulta di fronte alla tecnologia dei prodotti di comunicazione è, ora più che mai un fenomeno sociale, ho deciso di scrivere una recensione sulla mostra -PIXAR. 25 anni di animazione- al PAC di Milano proprio per capire fino a che punto avrei retto il colpo nel visitare, e cercare di capire, una mostra che necessita di un assoluto amore per i film d’animazione, per le sue storie, per i personaggi sui quali milioni di persone riversano il loro affetto e in base ai quali il PAC ha allestito, in quella che è comunemente una piena area espositiva, un ottimo shop.

La mia domanda è la più banale e trova immediata risposta nei testi del catalogo: “Qual è il rapporto tra questi oggetti e il mondo dell’arte? (…) Se definiamo l’arte come processo o prodotto dell’organizzazione e dell’assemblaggio di oggetti per creare qualcosa che stimoli un’emozione o una risposta, allora è chiaro che tutti gli oggetti nella mostra Pixar sono proprio questo e, quindi, rispondono alla definizione di “arte”. Tra virgolette, giusto. Perché per quanto mi riguarda l’arte applicata è arte virgolettata. Non è un dispregiativo. É uno statuto minore. Certo, il tour mondiale, il MoMA, il Giappone e ora Milano, la tappa ideale in Italia, unica città della penisola in grado di cogliere questa sinergia, il cuore dell’economia nazionale che accoglie l’era tecnologica di Pixar since 1979 o 1986, anno del primo cortometraggio di John Lasseter.
Talvolta non si è riconosciuta alla fotografia lo statuto di arte, stavolta mi chiedo perché si ospita nell’unico spazio milanese dedicato in toto a quella che dovrebbe essere l’arte contemporanea, l’avanguardia, l’eccellenza del visivo attuale una mostra di animazione. La Pixar rappresenta davvero il meglio che si trova sul mercato visivo contemporaneo? É davvero così esaltante vedere i bozzetti di Alla ricerca di Nemo, le sagome in dimensione umana di Monster & Co. con le quali scattare una foto ricordo come a Gardaland con Prezzemolo? Cosa c’è di così fantastico in questa mostra allestita come una vera e propria compilation di oggettini, ninnoli, teche, quadri e schermi? Mi appello al senso critico di ognuno perché il mio, in questo momento, fa fede solo all’aria da luna park che si respira nelle sale del Padiglione.
Finiti i punti dolenti arriviamo alle meravigliose illustrazioni e all’impressionante tecnica che si ritrova negli storyboard e negli studi sulla luce dei vari Wall-E, Up, Toy Story, Happy Feet e realizzati con i materiali essenziali dell’illustrazione: pennarelli, matite, acrilico, guazzo e acquerelli e tempera.
Nella IV sala il bel carosello dello zootropio dedicato a Toy Story, un dispositivo che ruotando su sé stesso e con l’ausilio di un’illuminazione a intermittenza crea l’illusione del moto, e grazie al principio della persistenza retinica, ci lascia senza fiato, pervasi di incredulità di fronte ai pinguini che corrono verso l’esterno dal centro di questo “diorama” saltando in buchi neri che scompaiono immediatamente.

Nel parterre l’installazione multimediale Artscape, slide slegate che dovrebbero evocare l’esperienza che i registi Pixar vivono quando osservano “un’opera di concept art” e immaginano cosa potrebbe diventare nel film. Insomma un brainstorming per immagini già connesse. Evocativo il commento di una piccola fan dei personaggi animati della casa di produzione che mi attraversa la strada nell’uscire dal piccolo cinema: ”che roba noiosa!”.
Concludo chiedendo ancora: siamo davvero convinti di parlare di arte? O stiamo dando un nome sbagliato e più altisonante del dovuto a una manifestazione che, seppur di altissimo livello, non è equiparabile alla creazione di un’opera? Questa la mia critica, intesa come scelta. Sono probabilmente troppo cresciuto per lasciarmi affascinare e trasportare da questa deriva di buoni sogni e sono ancora troppo giovane e poco ortodosso per convertirmi all’idea che tutto quello che viene messo nei musei sia roba buona. O coerente. Detto questo: Enjoy Pixar.
matteo bergamini
mostra visitata il 2 dicembre 2011
PIXAR. 25 ANNI DI ANIMAZIONE
Fino al 12 febbraio 2012
PAC
Via Palestro 14
20121 Milano
Ingresso intero 7 euro, ridotto 5 euro.
Lunedì 14.30-19.30
Martedì-Domenica 9.30-19.30
Giovedì 9.30-22.30
www.mostrapixarmilano.it

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