Nasce dal basso, in maniera spontanea e democratica quasi, un’iniziativa che apre gli studi d’artista in tutta Milano, cinque giorni di mostre diffuse in città si organizzano sotto uno stesso cappello, quello del Festival Studi #01, in collaborazione con freeUnDo. L’idea di questo evento comincia a prendere corpo dopo che Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà, fondatori del progetto online ventennale UnDo – già spin off della versione offline Premiata Ditta – incontrano per caso i più giovani artisti Claudio Corfone e Rebecca Moccia, alla Casa degli Artisti di corso Garibaldi lo scorso maggio. Esploso quasi come uno scambio intergenerazionale, emerge da subito il desiderio da parte dei quattro di dare vita a un circuito di idee e relazioni, creare una rete che, non come quella dietro ai nostri monitor, si palesi tra i quartieri di Milano e che diventi fisica, palpabile e che «costituisca l’occasione reale di scambi fruttuosi, in una città ancora troppo competitiva e troppo poco collaborativa», spiega Anna Stuart Tovini.
Cinquanta studi d’artista hanno aderito al progetto e, tra i nomi di chi nello scenario è già inserito e in connessione con gli altri da anni, non mancano anche quelli di molti giovani che, o come esperimento, o per cogliere un’occasione, hanno deciso di mettersi in gioco, ripescando dai propri archivi o immaginandosi nuove cose site specific. Eh sì, perché non è nemmeno facile pensare a un’esposizione da inscenare nel proprio studio, quel luogo che ogni artista vive come fosse muto spettatore del percorso creativo e del processo progettuale che vede nascere le opere. È vero, forse manca un filo conduttore tratteggiato, ma è questo velato senso di anarchia a restituire l’intera autenticità del progetto: questi sono i luoghi dove quotidianamente l’arte viene prodotta. In città sono presenti moltissimi spazi espositivi, più o meno importanti, più o meno indipendenti, ma questo festival intende riportare in connessione lo spazio e il tempo creativi con la concezione dell’opera stessa, due realtà che non sono considerabili l’una senza l’altra.
Molto forte rimane l’idea di invitare altri artisti a esporre nei propri studi, attivando un momento di scambio e confronto indispensabile per il fiorire di un meccanismo di collaborazione di tipo inclusivo piuttosto che esclusivo, a far crescere il circuito dell’arte milanese spogliandolo man mano di quella sottile nota competitiva, senza inviti e partecipazioni racimolati solo dopo mesi di costante presenza a tutti i vernissage della città. E per chiudere il cerchio e fare il punto dell’esperienza, una bellissima iniziativa lanciata da Soap, ovvero riunire tutti gli artisti e/o studi partecipanti in una collettiva con un’opera di ciascuno nello spazio di via Petrella 20.
Certo, partecipazione aperta, iscrizione gratuita e soprattutto visite libere, danno al tutto un sapore di qualcosa di arrangiato, improvvisato, senza che vi sia un obiettivo comune ben delineato, e talvolta potrebbe darsi, addirittura non condiviso. Lasciata aperta ogni interpretazione, ogni scelta di tema o di corposità espositiva, si tratta di mettere in gioco anche una piccola vena curatoriale che fa un pochino più DIY, una sfumatura che fa prendere a tutta l’iniziativa una nota forse troppo democratica, troppo autogestita. Ciò non toglie che già di per sé il segnale che un movimento del genere lancia non sia da sottovalutare visto il numero di adesioni, sintomo di una Milano che è ben decisa a tenere i piedi saldi sul panorama dell’arte contemporanea, sempre più esterofilo.
Era da tempo che si sentiva la necessità di un evento partecipativo di questo tipo, e in effetti, sotto una certa prospettiva, sembra anche un modo più che onesto di restituire un piccolo favore a questa città che sovrasfruttiamo in termini di occasioni di mostre, eventi, concerti, ma soprattutto incontri, in un’ottica positiva che si spera possa influenzare nuovi stimoli urbani. Ogni studio è un po’ come la protesi di casa propria, un’estensione, spesso caotica e disordinata, del luogo più intimo che ci si riserva per sé, un rifugio in cui nascondersi sapendo di aver lasciato sulle scale d’ingresso i problemi e i pensieri personali, la giornata che scorre per conto suo chiusa a chiave fuori dalla porta. Gli studi aperti, ecco, sono gli artisti che si mettono a nudo, la loro essenza è lì, nel luogo in cui passano la maggior parte delle loro giornate, il luogo dove tutto nasce, si evolve e pian piano prende altre vie, dove custodire scritti, disegni, oggetti, attrezzi, affetti. Studi#01 è il primo festival che mette in gioco così tanto e, seppur non nato da un’idea originale o nuova, vive proprio grazie a questa voglia, e insieme perché no, anche un po’ di timore, di togliersi tutti quanti le maschere, e a darsi appuntamento nella rete del mondo reale.
Elisabetta Donati De Conti
Dal 10 al 15 febbraio 2015
Festival Studi #01
Milano, sedi varie