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26
marzo 2009
fino al 15.IV.2009 1+1 Bari, Marilena Bonomo
altrecittà
Un’opera di dimensioni contenute accanto a una più imponente. Un artista emergente accanto a un maestro. Un italiano in dialogo con uno straniero. E una nuova linea curatoriale, che finalmente esalta la storia della più rinomata galleria barese...
Sembrava solo un divertissement, invece 1+1 è una scelta seducente. La soluzione dell’“accoppiamento” tra piccolo e grande è appropriata per esaltare artisti che da sempre “appartengono” alla storica galleria barese. L’accurato coordinamento recente delle iniziative, di Lino Sinibaldi – già evidente nello stand ad Art First di Bologna – ha colmato una lacuna della programmazione della galleria rispetto agli spazi di Bonomo in quel di Roma. “Stile” curatoriale un po’ latitante, taglio critico solo accennato, cui sopperiva, sempre e comunque, l’alta qualità dell’offerta.
Così, la collettiva 1+1, pur senza grandi novità nella lista dei partecipanti, rivela un notevole equilibrio nella selezione e nell’accostamento delle opere, in un allestimento nudo e crudo, pulito, che conferisce respiro a ognuna e un appeal museale agli spazi della galleria.
Lo spunto è il confronto ravvicinato tra differenti formati, tra produzioni artistiche che rivelano affinità di ricerca e forma o giocano per contrasto, internazionali o locali che siano; il medium è prevalentemente pittorico. Il percorso appare “leggero”, anche laddove la maestosità aggressiva di colore e segno (vedi le grandi dimensioni dei dipinti di Marc Queen o l’esplosione delle macro-efflorescenze messe in scena da James Brown) incontrano le trasparenze volumetriche di Tristano di Robilant, che fronteggiano a loro volta il microcosmo, impalpabile e geometrico, di Tullio De Gennaro o l’impegno sociale “sottile” di Agnese Purgatorio, di contro alla monumentalità di Salvatore Astore o agli sprazzi in bianco e nero di Pat Steir, in dialogo con la fotografia pura di Beppe Gernone.
Quindi, allinea il mini informale d’autore, firmato Carla Accardi, e l’asciuttezza evocativa in grande stile di Giuseppe Caccavale; il paesaggio mentale di Matteo Montani a tu per tu con quello naturale di Elger Esser e con l’eleganza di Carlo Fusca; la casualità “acromatica” in grande scala di Beatrice Pediconi e le pillole cromatiche di Paolo Lunanova; il preziosismo dei sanpietrini Franco Dellerba e il neo-surrealismo di Jiri Jeorge Dokoupil; il colorismo esasperato di David Tremlett e la foto-grafia di Mario Giacomelli. E, ancora, il dettaglio di Annalisa Pintucci con quello affine di Jeffrey Isaac, il colore smorzato di Pippo Patruno e quello “poverista” di Richard Tuttle. E poi le grandi/piccole presenze di Sol LeWitt, Nunzio, Mimmo Paladino e Choegyal Rinpoche.
Insomma, un’esposizione di cui è superfluo giudicare i nomi. Una mostra d’impianto tradizionalista, ma tutta da gustare. E in tempi di magra è una scelta intelligente strizzare l’occhio a un collezionismo che vede, nella pittura e nella scultura di dimensioni contenute, un piccolo “tesoretto” che fa bene alla tasca e anche allo spirito.
Così, la collettiva 1+1, pur senza grandi novità nella lista dei partecipanti, rivela un notevole equilibrio nella selezione e nell’accostamento delle opere, in un allestimento nudo e crudo, pulito, che conferisce respiro a ognuna e un appeal museale agli spazi della galleria.
Lo spunto è il confronto ravvicinato tra differenti formati, tra produzioni artistiche che rivelano affinità di ricerca e forma o giocano per contrasto, internazionali o locali che siano; il medium è prevalentemente pittorico. Il percorso appare “leggero”, anche laddove la maestosità aggressiva di colore e segno (vedi le grandi dimensioni dei dipinti di Marc Queen o l’esplosione delle macro-efflorescenze messe in scena da James Brown) incontrano le trasparenze volumetriche di Tristano di Robilant, che fronteggiano a loro volta il microcosmo, impalpabile e geometrico, di Tullio De Gennaro o l’impegno sociale “sottile” di Agnese Purgatorio, di contro alla monumentalità di Salvatore Astore o agli sprazzi in bianco e nero di Pat Steir, in dialogo con la fotografia pura di Beppe Gernone.
Quindi, allinea il mini informale d’autore, firmato Carla Accardi, e l’asciuttezza evocativa in grande stile di Giuseppe Caccavale; il paesaggio mentale di Matteo Montani a tu per tu con quello naturale di Elger Esser e con l’eleganza di Carlo Fusca; la casualità “acromatica” in grande scala di Beatrice Pediconi e le pillole cromatiche di Paolo Lunanova; il preziosismo dei sanpietrini Franco Dellerba e il neo-surrealismo di Jiri Jeorge Dokoupil; il colorismo esasperato di David Tremlett e la foto-grafia di Mario Giacomelli. E, ancora, il dettaglio di Annalisa Pintucci con quello affine di Jeffrey Isaac, il colore smorzato di Pippo Patruno e quello “poverista” di Richard Tuttle. E poi le grandi/piccole presenze di Sol LeWitt, Nunzio, Mimmo Paladino e Choegyal Rinpoche.
Insomma, un’esposizione di cui è superfluo giudicare i nomi. Una mostra d’impianto tradizionalista, ma tutta da gustare. E in tempi di magra è una scelta intelligente strizzare l’occhio a un collezionismo che vede, nella pittura e nella scultura di dimensioni contenute, un piccolo “tesoretto” che fa bene alla tasca e anche allo spirito.
giusy caroppo
mostra visitata il 27 febbraio 2009
dal 27 febbraio al 27 marzo 2009
1+1
a cura di Lino Sinibaldi
Galleria Marilena Bonomo
Via Nicolò Dall’Arca, 19 -70121 Bari
Orario: da lunedì a venerdì ore 11-13 e 17-20; sabato ore 11-13 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0805210145; fax +39 0805217508; galleria.bonomo@tin.it; www.galleriabonomobari.it
[exibart]