È tutto qui, il Parmigianino (Parma, 1503 – Casalmaggiore, 1540), incisore. Sedici acqueforti che raccontano come un artista noto soprattutto per la sua divina capacità creatrice con il pennello abbia in realtà rivoluzionato, a suo modo, anche la tecnica della produzione di opere grafiche a stampa. Un genio poliedrico, insomma, in grado di coniugare un’altissima qualità artistica con una altrettanto grande furia sperimentatrice. E capace di incidere -e la parola non è scelta a caso- tanto nella storia dell’arte quanto in quella della tecnica, contribuendo al suo progresso. La piccola, ma curatissima mostra L’opera del Parmigianino incisore, allestita a Parma nella sede di Palazzo Bossi Bocchi, non sarà una delle rassegne di punta della stagione, nè un evento di cassetta, se non altro per la sua estrema esiguità. Ma ha il pregio di mostrare un aspetto poco noto del giovane Francesco Mazzola, e soprattutto dà la possibilità di ammirare da vicino un’opera, acquisita di recente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma, che da sola vale la visita. Si tratta di un foglio di 382 mm per 558 contenente, in ottimo stato di conservazione, ben otto soggetti a firma del Nostro, che apparteneva ad un album composto a Roma nel 1575 a cura di Antonio Lafreri (1512-1577) e contenente incisioni di vari artisti del Cinquecento, da lui stesso scelti per la loro qualità e tecnica esecutiva. Le incisioni del Parmigianino, realizzate su carta pesante vergata, comprendono soggetti invero convenzionali –Giuditta, La Malinconia, La Natività, San Giacomo Maggiore, L’Annunciazione, Il giovane pastore, La Vergine col Bambino, Giovane seduto tra due vecchi– ma interpretati con la consueta levità di tratto e freschezza inventiva.
Accanto a questo foglio davvero unico, la mostra -a cura di Francesca Magri, Corrado Mingardi e Emilio Mistrali- propone a confronto la restante produzione all’acquaforte del Parmigianino, due opere tratte da importanti lavori di Raffaello (I Santi Pietro e Giovanni e L’Amor dormiente), e le altre ideate direttamente dall’artista. Al di là della loro bellezza formale, decisamente fuori categoria, questi lavori, e in particolare il ritrovato foglio, permettono di comprendere l’inusitata tecnica adoperata dal Parmigianino nella creazione delle sue produzioni a stampa: il disegno, realizzato nella cera che ricopriva la lastra di metallo, risultava “per contrasto” dalla corrosione, per mezzo dell’acido, delle parti non più protette. Tecnica rapida e precisa, che permetteva a differenza della xilografia o dell’incisione su metallo a bulino, di ottenere immagini più “fresche” e raffinate, e in ultima analisi di qualità superiore.
Accompagna questo piccolo “gioiello” espositivo il piccolo catalogo, realizzato dalla Fondazione Cariparma, che comprende la riproduzione molto accurata del corpus completo delle incisioni mazzoliane, compreso l’ormai celebre foglio, riproposto in pieghevole. Forse un po’ troppo succinte le note critiche, ma per una mostra che dura meno di un mese non si poteva certo pretendere di più.
elena percivaldi
mostra visitata il 28 giugno 2007
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