Le sale del Palazzo Martinengo ospitano una rassegna di circa 80 opere, provenienti dal Museo Russo di Stato di San Pietroburgo, che illustrano uno dei momenti più fecondi dell’arte russa.
I primi decenni del secolo videro il fiorire di un periodo di grande fermento in Russia, sia sul piano culturale che sociale. Fu una fase di fervide teorizzazioni e gli artisti russi si trovarono ad incidere profondamente sul rinnovamento espressivo dell’arte, all’interno del dibattito artistico europeo.
Le esperienze delle avanguardie erano ben conosciute nella Russia di inizio secolo, dove trovò ampio consenso soprattutto il cubismo. Gli artisti russi – conoscendo i lavori di Van Gogh, Cezanne, Picasso e Gauguin – assimilarono completamente la lezione delle avanguardie, per poi rielaborarla all’interno del proprio mondo.
Mentre gli artisti europei riscoprivano l’arte primitiva, trovando in essa il punto di partenza per un rinnovamento del linguaggio artistico, i russi trovarono, nella propria cultura e nelle proprie radici popolari, un ricco universo di suggestioni a cui ispirarsi.
Ed è proprio questo il fulcro sul quale si sviluppa il percorso espositivo curato da Evgenia Petrova.
La mostra non si concentra esclusivamente sulle opere degli artisti, ma mira ad inserirle in un cotesto più ampio, sottolineando il clima culturale e storico nel quale nascono.
Oggetti di uso quotidiano, di raffinata manifattura artigianale, affiancano le opere degli artisti, nelle cui tele si ritrova il mondo delle tradizioni popolari; la freschezza e la vivacità delle decorazioni dei filatoi intagliati; la purezza e l’ingenuità delle rappresentazioni delle stampe e delle icone; i colori intensi dei ricami e degli abiti tradizionali.
Un percorso espositivo che, partendo dalle opere di Malijavin, ritraenti momenti traboccanti di vita e colore delle feste contadine, arriva fino all’opera del più conosciuto Malevic, nella quale la struttura compositiva ed il colore sono fortemente influenzati dalle icone, immagini sacre di larga diffusione popolare.
Natalija Goncharova, insieme al marito Michael Larionov e agli artisti del gruppo “Il Fante di Quadri”, formatosi a Mosca nel 1910, fu la prima a capire l’importanza del recupero delle tradizioni popolari, sostituendo così l’arte classica come unico modello di riferimento quale era stato fino ad allora.
Questi artisti ricercavano con i loro lavori una visione semplice e pura del mondo, così ben espressa nelle rappresentazioni dei maestri artigiani, e che possiamo ritrovare nelle prime opere della stessa Goncharova, volte a rappresentare momenti di vita contadina.
Anche Kandinsky, grande teorico dell’arte astratta, nei primi due decenni del ’900 rimase affascinato dalle opere d’arte popolare, le collezionò e le studiò.
I suoi tre bellissimi oli su vetro, presenti in mostra, sono popolati da immagini fiabesche dai colori eccezionalmente brillanti che ricordano le stampe popolari russe, i Lubki. Queste xilografie, usate nei secoli per illustrare mestieri, leggende e nelle quali erano ritratte le tipiche figure che appartengono alla tradizione favolistica russa, furono una feconda fonte di ispirazione, sia per quanto riguarda le immagini che per i vivaci colori con le quali erano eseguite.
Oltre agli artisti sopracitati la mostra presenta i lavori di altrettanti pittori che traggono dal mondo delle tradizioni folkloristiche immagini e suggestioni. Le tele di Pavel Filonov, Olga Rozanova, David Sterenberg, Josif Skol’nik, Ivan Puni, Il’ ja Maskov, Nikolaj Rerich, solo per citarne alcuni, si susseguono in un vivace scambio e confronto con i più svariati oggetti di uso quotidiano.
Questa straordinaria esperienza creativa fu purtroppo una parabola di breve durata; con l’avvento al potere di Stalin, si crearono forti contrasti tra arte e politica, il partito mirava alla diffusione delle idee socialiste attraverso l’arte, una strumentalizzazione che portò l’arte sovietica ad una totale sterilità e allo sfiorire delle ricerche artistiche che furono in grado, nel breve periodo di un ventennio, di avviare una radicale svolta nell’arte europea i cui effetti si fecero sentire anche nei decenni successivi.
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Non conoscevo l'argomento, sono entrata per curiosità .. e la curiosità è aumentata leggendo l'articolo..
Brescia non è nemmeno lontana, per cui perchè non andarci???
barbara
Molto bella la mostra, anche se non se ne può più di questi russi, ma altrettanto belle le sale del palazzo.
Penso che conoscere il percorso artistico delle avanguardie russe, sia fondamentale per capire la storia, e non solo quella dell'arte, del '900. L'evoluzione creativa di Malevic, fino al "quadrato bianco" e poi oltre, ci parla di una storia assolutamente commovente.
La mostra è da vedere assolutamente.
Il primitivismo russo, se si esclude il suo valore storico, é quanto di più orrendo si possa immaginare.A quando una bella mostra sul realismo americano?