Novantesimo anniversario della nascita del Dadaismo: il Dada è morto? Questa la domanda cui Achille Bonito Oliva intende rispondere con la mostra allestita al castello Visconteo di Pavia. Il titolo, Da-dada, che prolunga il balbettio infantile scelto dai dadaisti come simbolo della loro poetica, sembra voler sottolineare come il messaggio del Dada abbia un’eco fortissima che giunge fino ad oggi. Effettivamente, il Dadaismo è forse fra le avanguardie storiche quella che maggiormente ispira gli artisti contemporanei, con il suo intento di decostruire il linguaggio, il suo affidarsi alla casualità e la seminale tendenza all’identificazione fra artista e personaggio, fra arte e vita. Collage, ready-made, scomposizione e ricomposizione delle forme, utilizzo di materiale povero e reperito casualmente, sono tutte istanze che nessun “ritorno all’ordine” è riuscito ad annullare.
Il movimento nacque nel 1916 a Zurigo, costituendosi come risposta critica –di segno opposto rispetto al Futurismo- al conformismo sociale e politico, nonché alle efferatezze della Grande Guerra. All’iniziale impeto che si sviluppò intorno al Cabaret Voltaire, dove si producevano happening proto-situazionisti, si aggregarono anche artisti come Man Ray e Duchamp, i cui ready-made entravano perfettamente nella logica irridente e rivoluzionaria del dadaismo. Di questi due artisti viene presentata in mostra un’ampia selezione di opere notissime, affiancate da disegni preparatori e importanti documenti.
Intorno a questi due miti dell’arte del ‘900 vengono presentati gli esponenti storici del movimento: Crotti, Schwitters, Tzara, Hausmann, Richter, Hoch. Ma proprio nella sezione storica emerge una pecca della mostra, che dà al titolo Da-dada il
Ma è nella seconda parte della mostra che Bonito Oliva dimostra di essere uno dei critici più “dadaisti” d’Italia, a partire dall’approccio critico, fra lo scientifico e lo scanzonato, fino alle surreali performance televisive. Una serie di pannelli, simili ad ironici manifesti funebri introducono alla sezione sull’eredità dada con la frase di Tzara “Is dada dead?”. La risposta è un no categorico. Pronunciato esponendo tutte le correnti che hanno fatto propri gli stilemi del dadaismo storico. Dal Lettrismo al Fluxus di Cage e Nam June Paik, da Beuys a Ben, fino a sorprendenti espressioni contemporanee come l’altare per pregare il “dio libro” di Julien Blaine. Ultimo guizzo, un video con spezzoni di un Totò che assurge al ruolo di surreale insegnante di belle arti.
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stefano castelli
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