Alighiero Boetti (Torino 1940-Roma 1994) è sicuramente l’artista, fra i concettuali, che ha creato l’arte più godibile dal punto di vista estetico; egli creò un sistema filosofico che rappresentasse il mondo replicandone la complessità, le brutture e il mistero mantenendo però canoni estetici propri delle arti visive: la componente cromatica vivace, la struttura compositiva, una sobria giocosità costituiscono una chiave d’accesso al suo pensiero.
L’arte di Boetti è gradevole, è il mondo che è ‘brutto’; la complessità fa paura, la rappresentazione di Alighiero semplifica (anche se ciò può sembrare paradossale per un artista concettuale e, tangenzialmente, poverista).
La realtà viene codificata nell’arte boettiana tramite un insieme di simboli, convenzioni, trascrizioni matematiche dell’esistente solo apparentemente fredde; gli strumenti ricorrenti sono la fascinazione maniacale per il doppio, per i codici, per le simmetrie della forma, per il numero e le lettere.
La completa retrospettiva presentata a Bergamo rivela appieno queste caratteristiche, sfiorando nella concezione e nell’allestimento il capolavoro curatoriale. Quasi tutto, il titolo della mostra, oltre ad ispirarsi al titolo di una celebre serie dell’artista (Tutto), sottolinea l’efficacia dell’indagine concettuale dell’artista torinese, indagine che, proprio come la realtà, è potenzialmente infinita. Le sale (intitolate Quasi io, Quasi mondo, Quasi sè…) raggruppano le opere secondo nodi tematici, l’allestimento è studiato in maniera da far interagire i singoli lavori in una logica unitaria, quella del corpus di Boetti: alcune opere sono collocate molto in alto, altre sul pavimento, alcune stanze sono una vera installazione, come quella che riproduce quasi per intero la sala personale alla Biennale ’90.
La rassegna è completa di tutte le principali serie iniziate e mai abbandonate da Boetti, dai famosissimi arazzi delle Mappe ai quadrati contenenti frasi; comprende lavori storici come Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969, (riproduzione del corpo dell’artista realizzata con palline di cemento con lo stesso peso complessivo del corpo) ed è impreziosita da alcuni lavori giovanili su carta pre-concettuali.
Il merito principale della mostra è comunque l’importanza data al sistema di pensiero di Boetti: il catalogo, vera monografia-studio sull’artista, presenta un dizionario dei temi boettiani: metà delle voci sono scritte da personalità del mondo artistico, l’altra metà da studiosi di scienze umane e sociali, a sottolineare la statura di intellettuale di Alighiero Boetti, pensatore-artista, autore di cartografie ibride del contemporaneo, uomo attento al politico, all’universale ed al contingente, alla forma e al contenuto. In poche parole? Uno tra i più grandi artisti italiani del Dopoguerra.
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