La mostra “L’inquieto femminino”, presso Spazio contemporanea a Brescia, presenta al pubblico una trentina di lavori tra fotografie, installazioni e un video tra gli esiti più recenti della ricerca di Roberto Dolzanelli (1957, Gussago, BS). In un percorso reso misterioso da un allestimento che suggerisce sottili rimandi tra le opere, i lavori dell’artista liberano la loro carica espressiva ammaliando lo spettatore in un labirinto visivo che sembra sospendere il tempo e le consuete dinamiche di discernimento.
Nelle opere di Dolzanelli c’è uno sguardo profondo sull’umanità che rivede se stessa nello specchio dell’alterità archetipica partendo dell’altro primigenio elementare, come la distinzione tra generi, ma che approda presto all’altro da sé anche nella dicotomia terreno-spirituale e nella trasformazione temporale. Ogni elemento presente nelle fotografie muta dimensione referenziale e si colloca nel rapporto tra l’essere umano e il reale, i sostrati di cultura e tradizione, l’istintività e il senso di sé.
Le soste davanti alle opere si trasformano in tappe in cui l’osservatore si trova dinanzi – mai esplicitate, ma addotte dai simboli – le domande esistenziali a cui nessuno può sfuggire. Ecco allora che, nel nucleo di lavori più nuovi, dove l’equilibrio tra l’elemento naturale e artificiale è rivisto in maniera intensa ma mimetica attraverso un escamotage compositivo, il femminino non ha più nulla a che vedere con il femminile. Se la nudità dei corpi sembra suggerire un’algida sensualità, nasconde invece un inganno che l’occhio intuisce, e che la mente non coglie fino a che non le venga rivelato: la parte destra e sinistra delle figure sono perfettamente identiche, un asse di simmetria verticale raddoppia una delle due parti del corpo, ma ne nega un’altra, in una sorta di conflitto psicoanalitico. Si innesca così un processo visivo e mentale che immobilizza lo spettatore in una lotta di sguardi e silenzi, di attrazione e negazione, di input e ritrattazioni.
Le figure ritratte, su sfondi quasi sempre minimali, assumono la ieraticità di antiche icone, ma appaiono raggelate in un’immobilità che contamina ogni elemento presente, rimandando alla mancanza di quelle certezze sulla decodificazione e interpretazione del reale che il passato sapeva fornire attraverso quelle che Lyotard definì “grandi narrazioni” e che oggi si traducono in infinite contaminazioni, riletture e finali aperti. Non ci sono – a priori – storie, vicende o messaggi univoci, ma volti privi di reale sguardo che, chiusi nella loro perfezione votata all’impossibilità del dialogo, finiscono per trasformarsi in specchi che costringono l’osservatore a dialogare con se stesso. L’ambiguità dell’insieme genera inquietudine nello spettatore: è lo straniamento dell’uomo contemporaneo occidentale, per il quale i riferimenti al naturale, allo spirituale e l’univocità dei simboli hanno subito una deflagrazione fino a non rappresentare più quei punti fermi per decodificare la realtà. Così quel “femminino” del titolo della mostra, nel percorso espositivo sembra evocare una contrapposizione con quell'”eterno femminino” che nel Faust di Goethe ha carattere salvifico, mentre nelle opere di Dolzanelli si veste dell’ambiguità del mondo contemporaneo, avvicinando inesorabilmente le figure ritratte a Mefistofele, in un cortocircuito tra simboli, atmosfere e sguardo dell’osservatore, in un’indagine viva che scava nel complesso rapporto tra l’essere umano, la sua interiorità e la sua relazione con il proprio contesto psicologico, sociale e storico.
Silvia Conta
Mostra visitata sabato 8 giugno 2013
dall’8 giugno al 18 luglio 2013
Roberto Dolzanelli, L’inquieto femminino
Spazio Contemporanea, corsetto S. Agata 22, Brescia
Orari: dal giovedì al sabato dalle 15,30 alle 19,30 o su appuntamento