A cura di Giacinto Di Pietrantonio e Maria Cristina Rodeschini, uno spaccato dell’Italia in un mix tra contemporaneo e a ritroso nei suoi centocinquant’anni di unità con alcune incursioni addirittura precedenti a spiegare un paese che, seppur frammentato per secoli e secoli e riunito in anni ancora recenti, ha sempre mantenuto e conservato un’unità che andava ben al di là dei localismi.
Il bel paese dell’arte presenta otto variabili legate all’universo italiano che, volente o nolente, fanno parte degli stereotipi sui quali il paese, talvolta la cultura, molto più spesso i media e la politica, hanno calcato la mano rendendo la penisola, e la sua idea all’estero, una sorta di calderone di allegria e spensieratezza, dove la religione si mischia al calcio e viceversa, dove i panni sporchi si lavano in famiglia e l’orgoglio è tutto per la mamma e le bellezze paesaggistiche e la cucina mediterranea e le eccellenze italiane.
Così, via via, vengono sviscerati concetti e appartenenze in Fratelli d’Italia, Mappamondo Italia, Cartoline d’Italia, Politica Italia, Bar Sport Italia, Per grazia ricevuta Italia, A futura memoria d’Italia, Fatto in Italia/ all’italiana.
Dentro queste otto scatole tutta l’iconografia essenziale dell’Italia che conosciamo, tra pop e atmosfere più ricercate: l’idea dell’impiegato Fantozzi nella Fiat Cinquecento con annessa nuvoletta della pioggia di Gabriele Picco, il David kitsch di Hans-Peter Feldmann, il ritratto in rosso cardinalizio di Papa Giovanni XXIII di Yan Pei-Ming, lo sport e la vita da bar nelle declinazioni di Cesare Viel e Luca Vitone, Maurizio Cattelan, Paola Di Bello, Enzo Umbaca e Andrea Mastrovito e molto altro in una girandola di “tipi” ben ascrivibili sotto qualsiasi punto di vista: antropologico, sociologico, capitalistico.
Qualche riflessione sugli errori, qualche tocco poetico e qualche opera assolutamente degna di nota anche se tutto, o quasi, universalmente conosciuto: La Madonna che ride di Gino De Dominicis in relazione con la Madonna dai piedi a temperatura umana di Alberto Garutti; il planisfero a due valori di Flavio Favelli realizzato con due diversi tipi di vecchi francobolli e l’arazzo di Alighiero Boetti; il mappamondo di Alice Guareschi e gli Oceani di Terra di Claudia Losi e l’angolo di Baci Perugina di Felix Gonzalez-Torres inserito nell’ambiente dedicato al Made in Italy o all’italiana.
Non si tratta di una brutta mostra, piuttosto si discute l’approccio forse eccessivamente facile nei confronti di un paese dai contrasti irriducibili qual è l’Italia; tutto in questa mostra è al contrario assolutamente depurato, tutto è legato strettamente al concetto di Belpaese inteso nella sua accezione più colorata, dove anche le problematiche forti, i disastri urbani e sociali messi in evidenza dalle immagini di Tobias Zielony alle Vele di Scampia e dagli Alterazioni Video tra le centinaia di edifici incompiuti in Sicilia, sembrano far parte di quel panorama di sorrisi e di alzate di spalle e “io me ne fotto” e diti medi che da anni accompagnano le nostre giornate.
Sono tenute ben a distanza, nel festeggiare questa unità, le voci di Pier Paolo Pasolini e le immagini delle esecuzioni mafiose di Letizia Battaglia, in mostra con una blanda fotografia che ritrae la vedova di un’agente di scorta di Giovanni Falcone, giusto per citare due voci spezzate che si rincorrono nel video-collage Il Belpaese dell’arte, dove presenzia qualche icona scomoda e apolide.
Si sa, anche nell’arte c’è il dolce, l’amaro, il salato e l’acido, esattamente come nella cucina italiana: Il Belpaese dell’arte è l’arte della pasta, della pizza, delle ricette semplici che fanno sempre colpo perché tutti sappiamo riconoscerle e ci ricordano la mamma, la nonna, il pranzo della domenica e quello del giorno di Natale. Una mostra rassicurante di tradizioni e figure note, di un’Italia un po’ televisiva e un po’ allo sfascio di una barzelletta.
Saggi in catalogo di Aldo Cazzullo, Pier Luigi Sacco, Franco Farinelli, Francesco Bonami e molti altri per incontrare una storia d’Italia di stampo più tagliente e meno artistico.
matteo bergamini
mostra visitata il 27 Settembre 2011
Dal 27 Settembre 2011 al 19 Febbraio 2012
IL BEL PAESE DELL’ARTE
Etiche ed estetiche della nazione
GAMeC – Bergamo
Via San Tomaso 53
24121 Bergamo
Da martedì a domenica: 10.00-19.00
giovedì: 10.00-22.00
lunedì chiuso
Ingresso: intero: 7,00 euro
ridotto: 5,00 euro
Tel.: +39 035 270272
fax: +39 035 236962
www.gamec.it
[exibart]
Visualizza commenti
Letizia Battaglia (1935) è una grande, una dei due soli artisti italiani invitati alla biennale di istanbul. Cosa ormai non molto rilevante, viste l'avanzata delle moltitudini creative, ma significativa vista l'assenza di artisti giovani e mid career italiani dalla scena internazionale "che conta" (cit. Pier Luigi Sacco, Flash Art).
Tutto il mio lavoro fin dagli inizi, dalla fine degli anni '80, è all'insegna di una critica alle manifestazioni del pensiero dominante: maschile/femminile, natura/cultura, spirito/materia, unità/molteplicità, essere/divenire. Il video “La partita di pallone” è stato ideato e realizzato da Luca Vitone e da me, nel 2001, come un lavoro che mette in critica lo stereotipo del maschio italiano, storicamente inteso come “uomo a una sola dimensione”. Il testo della canzone di Rita Pavone, che dà il titolo al nostro video e che fa da colonna sonora, è - sotto forma di canzone leggera, tipica degli anni '60 - il racconto di un'esclusione e di una marginalizzazione di genere. La canzone e le immagini nel video vanno dialetticamente insieme, e indicano il senso che il lavoro suggerisce. Sempre che chi guarda desideri, o abbia gli strumenti, per capire. Si sa che un'opera vive ed esiste attraverso lo sguardo dell'altro. Cordiali saluti. Cesare Viel