E’ vero che Goldin ha fatto della pittura dell’Ottocento francese un super business, un tema inflazionato e continuamente riproposto (anche in modo piatto ed acritico). Ed è vero che in passato alcune delle sue pubblicizzatissime ‘mostre-evento’ si sono rivelate delle delusioni. Questa volta però la mostra è bella davvero. Protagonisti sono due artisti straordinari, due vite intense e tormentate raccontate da una sequenza di opere di qualità.
Per narrare la vicenda artistica di Paul Gauguin (Parigi 1848 – Atuana, Isole Marchesi 1903) e Vincent Van Gogh (Groot-Zundert 1853 – Auvers sur Oise 1890) è stata scelta un’angolazione suggestiva: la scoperta del colore come mezzo espressivo. Il colore si libera dalla necessità di avere una rispondenza nel dato reale e diventa lo strumento con il quale il pittore esprime se stesso e la propria visione della realtà.
Campi di grano color indaco e cieli gialli di sole (Van Gogh Il seminatore 1888), i parei coloratissimi delle donne polinesiane (Gauguin Parau Api 1892), i capelli arancio di Madame Roulin di Van Gogh e il blu intenso della notte (Van Gogh Sentiero di notte in Provenza 1890). Questo il punto d’arrivo dei due artisti che “partendo da un’immagine datata della pittura hanno raggiunto territori espressivi del tutto nuovi” (Goldin). Due vicende artistiche che la mostra ripercorre per intero dagli esordi alle ultime opere. Con un punto di contatto: i due mesi del 1888 che trascorsero insieme ad Arles.
Van Gogh esordisce come disegnatore con semplici paesaggi e ritratti di contadini e poveri artigiani; visi segnati dalla miseria e da rughe profonde evidenziate con un tratto spigoloso (Testa di contadina di profilo 1884, Sorrow 1882).
Le prime prove ad olio sono nel segno della pittura olandese contemporanea: nature morte dai colori bituminosi, marroni e ocra (Natura morta con ceramica e zoccoli 1884), interni bui appena rischiarati da pallide luci (Tessitore 1884). E ancora quel tratto deciso che marca profondamente i lineamenti dei personaggi (Testa di contadina con cuffia bianca 1884). Nel 1886 arriva in Francia. A contatto con l’impressionismo e poi con la luce mediterranea della Provenza schiarisce la tavolozza e scopre un colore nuovo -dipinge vivaci composizioni floreali, l’Autoritratto con cappello di paglia del 1887, il delicato e luminoso Papaveri e Farfalle ispirato all’arte giapponese. Il colore è steso con rapidi tocchi di pennello, a virgole e tratti che si intrecciano e compongono le figure dando alle opere un ritmo ed un’energia inimitabili. Straordinaria la serie di ritratti dedicata ai componenti della famiglia del postino Roulin.
Gauguin inizia come “pittore della domenica” quando, ancora ricco agente di cambio, colleziona pittura impressionista e nel tempo libero dipinge per hobby.
Dalle prime prove impressioniste (Scena d’interno. Rue Carcel 1881, Mette Gauguin in abito da sera 1884) alla rivoluzionaria La visione del Sermone del 1888 (dai colori intensi e incantevoli ritmi lineari) passano pochi anni. Ma sembrano una vita intera. Gauguin subisce un crack finanziario, abbandona la famiglia, la pittura diventa la sua ragione di vita. Prima in Bretagna e poi nelle isole della Polinesia ricerca le origini dell’uomo, la forza primitiva della vita lontana dalla ‘civiltà’. Sviluppa una pittura completamente diversa dai piccoli tocchi di luce dell’impressionismo, ampie zone di colore contornate da profili evidenti (Il Cristo verde 1889, Contadine bretoni 1894) in cui si affacciano figure semplici e ieratiche (un’atmosfera quasi magica quella di Tre tahitiani 1899). I colori sono saturi stesi in ampie campiture, privi di significati descrittivi utilizzati solo con funzione decorativa. Donne soprattutto, silenziose e malinconiche (Sulla spiaggia 1891), immagini di “intenso dolore e profondo mistero” (Bernardelli Curuz).
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visitata il 19 ottobre 2005
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La mostra è bellissima, ottimi gli allestimenti e la quantità delle opere esposte, affascinante ed emozionante l'isttallazione "la galleria del colore",
peccato che la gestione dell'evento abbia forti tinte dell'imprenditorialità più sfacciata: il flusso dei visitatori non è regolamentato in alcun modo, sembrerebbe che il solo scopo sia il lucro, all'interno delle sale sembra di essere nel bel mezzo di una fiera, è quasi impossibile godere della contemplazione dei dipinti.
in definitiva è un bell'esempio di mercificazione e massificazione dell'arte.
visitando gli spazi espositivi ho potuto assistere ad un orrendo spettacolo di malcostume e di oltraggio alla cultura.
Cara mia, da Treviso si è spostato a Brescia il curatore ma la sala è sempre la stessa non ci si può aspettare altro.