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04
febbraio 2008
fino al 2.III.2008 Gabriele Basilico Bari, Pinacoteca Provinciale
altrecittà
La Provincia promuove il suo capoluogo. Con una campagna fotografica. Novanta immagini in bianco e nero firmate da Gabriele Basilico. Che prosegue l’“esperienza dei luoghi” iniziata con la Milano delle fabbriche...
L’“esperienza dei luoghi” di Gabriele Basilico (Milano, 1944) vive in equilibrio tra mandato sociale, non condizionato ideologicamente, e desiderio di sperimentazione personale, nella volontà di realizzare un “ritratto collettivo”. Un metodo progettuale che, partendo da Milano con i celebri ritratti di fabbriche, Basilico è andato poi ad applicare a tutte le altre rappresentazioni di città. Nella volontà di trovare una percezione del “globale”, fino a eliminarne le barriere geografiche e a realizzare immagini dall’apparenza metafisica, dominate dalla sensazione di un tempo sospeso, dalle inquadrature poco convenzionali, interrotte da quei “fili” non graditi ai puristi della fotografia.
Così Bari, nelle foto di Basilico, viene privata della “fragranza mediterranea”, a detta di Alessandro Piva, che accompagna le immagini in mostra con sonorità in cuffia, evocando schiamazzi, dialoghi e rumori di strada, quartiere per quartiere, ridisegnandone i contorni locali. Sono fotografie di una città divisa in due dall’onnipresente ferrovia, molto differente architettonicamente, di cui si evidenzia l’ortogonalità del borgo murattiano e delle nuova edilizia abitativa, privilegiando lo sguardo per l’aspetto post-industriale rispetto a quello storico-monumentale, come nota la curatrice Clara Gelao.
È una Bari senza baresi, semideserta, indagata attraverso tre elementi fondamentali, su cui è costruito ogni “progetto visivo” dell’architetto Basilico: il vuoto, che simula uno stato di atemporalità; la lentezza nella tecnica di ripresa piuttosto che l’istantanea; la luce per nascondere o evidenziare dettagli. Degli spazi urbani, il “narratore di città” Basilico coglie la complessità di un organismo in crescita: sono Bari “il Quartierino” come Carrassi, Japigia, Poggiofranco, Picone, Fesca, San Giorgio e le periferie degradate di Enziteto o San Paolo, luoghi fermati in fotografie che diventano semplici geometrie di architetto, frutto di quell’approccio “classificatorio, sociologico e metodologico” desunto dai coniugi Becher e coniugato allo “sguardo essenziale e privo di compiacimenti, elegante e discreto, ed il mandato sociale” insegnati da Walker Evans.
La consultazione di documenti e contatti diretti con storici, urbanisti, architetti, fotografi che ben conoscono la realtà locale permette a Basilico di non farsi sfuggire nessun angolo, scorcio, strada o palazzo di quella Bari dei baresi e di chi a Bari è solo di passaggio: la stazione di notte, il lungomare fascista, l’imponente struttura affacciata sul mare della Fiera del Levante, la commerciale via Sparano, i prospetti dei teatri Petruzzelli e Piccinni, il futuristico stadio San Nicola, l’imponente “N” dello Sheraton, l’incisiva architettura dell’Executive Center.
Ma anche fondamenta di palazzi in costruzione che erodono la campagna, enormi viadotti e ponticelli malconci e quel piccolo abusivismo edilizio che continua a vivere e crescere nell’ombra, rispetto ai più eclatanti ecomostri di recente memoria. Come commenta Piva, è una Bari in cui “non c’è folklore, non ci sono i profumi, non c’è più il sud”.
Così Bari, nelle foto di Basilico, viene privata della “fragranza mediterranea”, a detta di Alessandro Piva, che accompagna le immagini in mostra con sonorità in cuffia, evocando schiamazzi, dialoghi e rumori di strada, quartiere per quartiere, ridisegnandone i contorni locali. Sono fotografie di una città divisa in due dall’onnipresente ferrovia, molto differente architettonicamente, di cui si evidenzia l’ortogonalità del borgo murattiano e delle nuova edilizia abitativa, privilegiando lo sguardo per l’aspetto post-industriale rispetto a quello storico-monumentale, come nota la curatrice Clara Gelao.
È una Bari senza baresi, semideserta, indagata attraverso tre elementi fondamentali, su cui è costruito ogni “progetto visivo” dell’architetto Basilico: il vuoto, che simula uno stato di atemporalità; la lentezza nella tecnica di ripresa piuttosto che l’istantanea; la luce per nascondere o evidenziare dettagli. Degli spazi urbani, il “narratore di città” Basilico coglie la complessità di un organismo in crescita: sono Bari “il Quartierino” come Carrassi, Japigia, Poggiofranco, Picone, Fesca, San Giorgio e le periferie degradate di Enziteto o San Paolo, luoghi fermati in fotografie che diventano semplici geometrie di architetto, frutto di quell’approccio “classificatorio, sociologico e metodologico” desunto dai coniugi Becher e coniugato allo “sguardo essenziale e privo di compiacimenti, elegante e discreto, ed il mandato sociale” insegnati da Walker Evans.
La consultazione di documenti e contatti diretti con storici, urbanisti, architetti, fotografi che ben conoscono la realtà locale permette a Basilico di non farsi sfuggire nessun angolo, scorcio, strada o palazzo di quella Bari dei baresi e di chi a Bari è solo di passaggio: la stazione di notte, il lungomare fascista, l’imponente struttura affacciata sul mare della Fiera del Levante, la commerciale via Sparano, i prospetti dei teatri Petruzzelli e Piccinni, il futuristico stadio San Nicola, l’imponente “N” dello Sheraton, l’incisiva architettura dell’Executive Center.
Ma anche fondamenta di palazzi in costruzione che erodono la campagna, enormi viadotti e ponticelli malconci e quel piccolo abusivismo edilizio che continua a vivere e crescere nell’ombra, rispetto ai più eclatanti ecomostri di recente memoria. Come commenta Piva, è una Bari in cui “non c’è folklore, non ci sono i profumi, non c’è più il sud”.
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Intervista a Gabriele Basilico
Basilico da Photo&Contemporary a Torino
giusy caroppo
mostra visitata il 29 novembre 2007
dal 13 ottobre 2007 al 2 marzo 2008
Gabriele Basilico – Bari
a cura di Clara Gelao
Pinacoteca Provinciale
Via Spalato, 19 – 70121 Bari
Catalogo Federico Motta, € 44
Info: tel. +39 0805412421; fax +39 0805583401; pinacotecaprov.bari@tin.it
[exibart]
bellissimo commento. è assolutamente vero. bari vista da Basilico è una città come tutte le altre. anche i suoi edifici emblematici o alcuni spazi facilmente identificabili, anche da una visitatrice occasionale della città come la sottoscritta, sono svuotati di senso. ho visitato questa mostra due settimane fa, in una pinacoteca provinciale deserta anche di sabato pomeriggio(aimé!), ed è stato emozionante rivedere dal vivo il suo bianco e nero, così delicato, gentile, senza eccessivi contrasti. è stato bello percorre con lo sguardo ogni infinito dettaglio. anche io ho ritrovato guardando le immagini i becher e, prima ancora, evans ma anche, se posso dirlo, friedlander. ho aprezzato tantissimo i suoi ritratti di edifici più delle grandi vedute, ma ho ritrovato nella volontà di riprendere dall’alto il tessuto urbano barese una tendenza della fotografia italiana contemporanea più attuale ed innovativa.
sono felice che Bari continui ad essere per la puglia un ponte importante tra la fotografia contemporanea e il resto della regione, anche se le iniziative sono, secondo me, ancora poche e discontinue. comunque basilico a bari è davvero un buon risultato! il fondo fotografico della nostra terra e le generazioni che verrano ringraziano sentitamente.
uno neo: la scelta del vetro per esporre le immagini non agevola nella visione delle fotografie, ed anche l’illuminazione non era eccezionale.
Vale (Br)
Valentina, scommetto che se qeusta mostra fosse stata fatta in terra franZese ci sarebbe stato il pienone!
Da noi in Italia, al sabato pomeriggio ci si va a fare le fotine di gruppo fra amici davanti ai supermercati con tante belle auto modificate!