Situato nel cuore del centro storico di Treviso, il piano nobile di Ca’ dei Ricchi ospita le esposizioni organizzate periodicamente dall’associazione TRA-Treviso Ricerca Arte. “Ricercare, promuovere e divulgare l’arte contemporanea nella molteplicità delle sue forme e dei suoi contenuti” è l’obiettivo principale del progetto che, dal 2013, contribuisce ad animare la vita culturale trevigiana. Presentandosi come il vero e proprio salotto culturale di Treviso, TRA oltre alle esposizioni temporanee, riserva al pubblico un’ampia offerta “fusion” di eventi collaterali: musica dal vivo, proiezione di documentari, incontri e dibattiti su arte, cinema e letteratura.
“From Object To Exposure” è la seconda di un ciclo di tre mostre curate da Carlo Sala. L’esposizione offre l’opportunità di riflettere su un aspetto importante del processo artistico, il rapporto fra immagine e oggetto, tra rappresentazione e percezione visiva. Sono giovani i quattro artisti contemporanei chiamati ad approfondire questo complesso, ma stimolante tema: Mimì Enna, Silvia Mariotti, Paola Pasquaretta e Marco Maria Zanin. Le loro opere, disposte nell’ampia sala al primo piano di Ca’ dei Ricchi, tracciano un percorso circolare lungo il quale si svolge un dinamico confronto tra ricerche e linguaggi diversi.
Marco Maria Zanin (Padova, 1983), da sempre affascinato dal tema della condizione di rovina causata dall’uragano della modernità, presenta in questa occasione dei materiali scelti e raccolti con cura dalle strade di San Paolo del Brasile, provenienti dalle frequenti demolizioni edili. Sono detriti, tracce di memorie urbane considerate rifiuti da smaltire, che qui vengono trasfigurate in scatti fotografici evocativi (Filosofia, 2015; Copernico, 2016; Restituzione, 2016; Natura Morta III, 2015; Natura Morta IV, 2015), assumendo la connotazione di scrigni di memorie da custodire, da salvare dalla distruzione, in un cortocircuito prolungato tra violenza e armonia. A fare da cornice, fogli raccolti ai mercatini dell’antiquariato, appunti a matita presi in studio, fotocopie di disegni di Morandi, Brancusi o Boccioni. Un labirinto di “stanze della memoria” in cui il ricordo slitta nel sogno, nel tentativo di costruire una possibile via alternativa per il futuro della nostra società.
Due grandi fotografie alle pareti (Senza titolo dalla serie Delocazione dello studio di uno psicologo, 2016) sono, invece, opera di Mimì Enna (Oristano, 1991) che, dal 2015, concentra la sua ricerca sul tema della “delocazione”. Le due opere mostrano alcuni oggetti di arredo in un habitat semivuoto: una poltrona usurata e consumata dal tempo nella prima fotografia, un cappotto ancora appeso nel secondo scatto in attesa di essere recuperato dal legittimo proprietario. Oggetti tratti dallo studio di uno psicologo che l’artista ha “delocalizzato” all’interno della sede espositiva. Offrendo anche lo spunto per indagare come lo spazio si carichi di significati impregnandosi di tutte le tracce che lascia chi lo ha vissuto, come anche gli oggetti che lo hanno arredato. Altri due scatti fanno parte di un’installazione (Silvana, 2015) nella quale la dimora della protagonista è richiamata dalla presenza fisica della sua lampada da soggiorno appesa al soffitto della sala di Ca’ dei Ricchi e da due scatti che ritraggono le pareti dell’interno della dimora illuminate dal medesimo elemento.
L’indagine di Paola Pasquaretta si incentra sulla riflessione dell’agire artistico. I modelli scelti sono dei vulcani riprodotti (tramite studi in loco) in blocchi di piccole dimensioni con un materiale effimero come il sapone. Questi sei originali calchi in miniatura (Etna, Vulcano, Lipari, Panarea, Stromboli, Vesuvio, 2014) hanno una caratteristica comune ai modelli “originali”: la trasformazione nel tempo attraverso inevitabili cambiamenti di stato. In pochi giorni sono già visibili erosioni sulle cime e sulle superfici laterali, sovvertendo così il leitmotiv della scultura come immagine solida, ferma e inalterabile nel tempo. Mentre il carattere di permanenza è demandato dall’artista a due fotografie che ritraggono una copia dei crateri eseguita questa volta con la schiuma del sapone (Vulcano 01, Vulcano 02, 2014), modellata e poi “congelata” nello scatto fotografico. L’immagine che ne è derivata permarrà integra nel tempo, al contrario del soggetto reale che in pochi istanti è svanito.
Il percorso termina con le fotografie di Silvia Mariotti (Fano, 1980) che associano in una visione intimista gli scatti di zone geografiche naturali del Carso e dell’Istria, alle connotazioni storiche delle foibe (Aria buia Abisso Plutone, Aria buia Divaška, Aria buia Pazin, Scogli di Zinco, 2015). Non mancano i riferimenti letterari – come “La distanza dalla Luna” di Italo Calvino – che si aggiungono al tema dell’oscurità declinato nelle sue più varie sfaccettature: la notte come momento temporale dello scatto, il mistero di voragini naturali che non vogliono svelarsi totalmente agli occhi, la tenebrosa tragicità di eventi storici indimenticabili. Conquista il visitatore con particolare intensità l’installazione (10 Parsec, 2015) di una porzione di cielo di 150×100 centimetri, letteralmente caduto e fattosi forma sul pavimento, quasi con l’intento di catapultare il pubblico in un racconto immaginario nel quale la volta celeste sia “un nero ombrello portato dal vento”, per dirla con le parole di Calvino. In Scogli di Zinco (2015) il paesaggio continua a essere territorio di visioni poetiche e di suggestioni oniriche attinte sempre da fonti letterarie originalmente indagate dall’artista.
Paola Natalia Pepa
mostra visitata il 23 febbraio
Dal 18 febbraio al 2 aprile 2017
From Object to Exposure
TRA-Treviso Ricerca Arte
Ca’ dei Ricchi, via Barberia 25, 31100 Treviso
Orari: da martedì a sabato 10.00-13.00 e 15.30-19.30; domenica 15.30-19.30
Info: 0422.419990 – 339. 6443542; www.trevisoricercaarte.org – segreteria@trevisoricercaarte.org