Ad un anno dalla scomparsa, Modena e il suo paese d’origine rendono omaggio all’opera di Gino Covili con un’ampia retrospettiva: 101 opere in mostra al Foro Boario e altre 58 in esposizione permanente al Castello di Montecuccoli.
Una statua in bronzo raffigurante un mietitore, L’ultimo covone, accoglie i visitatori sul piazzale antistante il Foro Boario; nel vestibolo d’ingresso, una riproduzione de Il paese dorme e sogna crea un collegamento tra le due esposizioni, un richiamo fortissimo all’identità del maestro, la cui immagine sfumata si sovrappone all’opera.
Una forte connotazione scenografica si percepisce fin dall’entrata, con riproduzioni di particolari delle opere che “rivestono” gli arredi e le colonne della hall d’entrata e che sfilano sulle pareti nelle proiezioni. La visita inizia con un’immensa Processione che si inerpica su una montagna: è lo spirito corale della gente della sua terra, che assurge a simbolo di un’idea universale di fede. Dopo questa apertura di forte impatto visivo, la mostra prosegue secondo una suddivisione in cicli tematici, che simbolizzano le fasi della crescita artistica di Covili: si parte dalle rappresentazioni della Coralità e riti della comunità , che ci conducono nelle atmosfere gioiose delle feste di piazza, dove, su tutto, prevale lo spirito di corpo di una comunità contadina che vuole anche divertirsi. Esempio lampante ne è la grande raffigurazione del ballo che, ne La Festa, domina la seconda sala.
Il mondo contadino, si è detto, è al centro dell’opera tutta di Covili e ne segna anche il passaggio dalla pittura dagli inizi all’acquisizione di un personale linguaggio espressivo: come racconta una delle sale più intimiste della mostra, quella in cui l’artista rappresenta se stesso e la sua famiglia. Le prime opere erano quasi dei tentativi di “imitazione” di linguaggi espressivi e forme artistiche tradizionali; con il tempo, invece, il suo stile si è evoluto fino a raggiungere una cifra personalissima.
Nel periodo in cui lavorò come bidello in una scuola, infatti, Covili ebbe modo di studiare le opere dei grandi artisti classici e soprattutto degli esponenti dell’arte a lui contemporanea: riconoscibile l’influenza di Van Gogh, specie nelle figure maschili dei tanti contadini all’opera. Queste figure diventano anch’esse simboli della fatica e della sofferenza dell’uomo: Il potatore che avanza brandendo la sua ascia, non lotta solo contro i rami degli alberi, ma contro tutte le forze avverse della natura; L’urlo del contadino è un grido di disperazione cosmica. Le immagini sono permeate di umana partecipazione e allo stesso tempo di un forte simbolismo, che si risolve spesso nella deformazione delle fattezze dei personaggi.
Dal 1973 al 1977 frequentò l’Ospedale psichiatrico di Gaiato: frutto di questa esperienza sono ben 140 opere che ritraggono i malati psichiatrici nella loro solitudine disperata, gli Esclusi. Ad un ex-voto, invece, risale il ciclo Per grazia ricevuta che racconta la vita e le opere di San Francesco. In mostra è la parte dedicata al Cantico delle creature. Molto intenso anche il Bestiario di Covili: gli animali sono descritti in tutta la loro forza e intensità selvaggia, ma anche nei loro sguardi si riverbera la stessa sofferenza che troviamo in quelli degli uomini. Di
Le svariate rappresentazioni del Paesaggio diurno e notturno raccontano, infine, del fortissimo legame che unì l’artista alla sua terra e rimandano al ciclo de Il paese ritrovato, completando così il fil rouge tra le due esposizioni: il tutto collegato a un progetto di promozione territoriale che coinvolge svariati soggetti economici ed istituzionali della provincia di Modena e che vede la presenza di figure di spicco del panorama critico e letterario, quali Vittorio Sgarbi, Maurizio Maggiani e Giorgio Celli.
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sito ufficiale di Gino Civili
promuove l’opera di Covili
ilaria oliva
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