Ex elettricista, Mario Nanni, romagnolo, classe 1955, da 40 anni sperimenta la luce a 360 gradi, affascinato dal suo mistero che plasma e diventa materia, architettura e dispositivo della percezione, spazio e pensiero per l’opera d’arte. Nel 2012 ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia e ora presenta venti pezzi, realizzati tra il 1988 e il 2013 a Villa Panza, tempio del minimalismo-zen e della luce. Qui, dove non è facile confrontarsi con i suoi “avversari” americani, protagonisti dell’Arte Ambientale e Minimalista, Nanni ha sfidato se stesso per emanciparsi dall’illuminotecnica, dal design. Sedicente artigiano e definito da altri maestro della luce e del buio, ha studiato nei dettagli il suo intervento specificatamente per questo luogo, con un atteggiamento da pre –impressionista (proprio della scuola paesaggista francese di Barbizon, 1830-70), soprattutto i riflessi e i moti della luce naturale sul paesaggio esterno e negli spazi interni.
Attraverso un percorso espositivo site-specific, Nanni, rielabora in modo personale la lezione di Peter Zumthor, architetto di cui ha illuminato le terme di Vals, quella percettiva di James Turrell, strizzando l’occhio al Minimalismo di Dan Flavin e alla poetica della sottrazione imparata dagli orientali. La luce, il buio e zone d’ombra, non sono considerati come oggetto o mezzo espressivo, bensì pensiero. La luce è materia dell’immateriale.
Nanni a Villa Panza, patrimonio del Fai, riesce a colpi di trovate luminose, non tutte innovative, molte piacevoli, tutte da sperimentare più che da raccontare, troppe più vicino al light design, poche mature e originali, come per esempio Infinitamente mia 5 (2005) composta da cinque lenti di metallo e una lampadina collocata non a caso davanti una finestra che si affaccia sull’incantevole giardino all’italiana, creando un dialogo sommesso tra la luce naturale e quella artificiale per propagarla all’infinito.
Cattura l’attenzione una stele di ferro issata nel giardino, alta sei metri, simile a un mirino che ingloba la luce del sole e la proietta dentro la casa-museo, dove è la protagonista in tutte le sale. La sua idea di luce si declina in esperimenti diversi, allestimenti e soluzioni formali che interagiscono con l’architettura, anche d’impatto scenografico. Al primo piano della villa, con invadenti scatole orizzontali e verticali, si invita lo spettatore a guardare tra le fessure e la proiezione delle luce sul pavimento, giocando sulle ombre che disegnano geometrie nell’ambiente, definendo planimetrie luminose altrimenti invisibili. L’autore dichiara di prendere le distanze dall’idea di luce come forma espressiva, per puntare sull’analisi della luce in movimento: è più attratto dalla velocità, dalle articolazioni e dalla sua gradualità compositiva, come dimostrano le tre opere dedicate alla compressione, raccolte in una sala, in cui rimbomba l’eco di bimbi festanti. Passerete sotto la pioggia di lampadine virtuali che si infrangono all’ingresso del cortile, per accedere alle Scuderie della Villa: è un’opera del 2005 tra le più poetiche, che fa già parte della collezione permanente, in bilico tra videoarte e Arte Ambientale.
Il progettista non sbaglia interventi, mostre e pubblicazioni patinate che raccontano il suo cammino verso un luminoso successo, lasciando ai posteri l’ardua sentenza.
Jacqueline Ceresoli
Mostra visitata il 14 marzo
dal 14 marzo al 2 giugno
Luce all’opera – Mario Nanni
Villa e Collezione Panza, piazza Litta 1, Varese