Un vecchio mulino, restaurato di recente, ma senza essere snaturato nella sua natura e volumetria. Un imprenditore con la passione per l’arte. Artisti (alcuni già noti) che scelgono l’inconsistente leggerezza come principio con cui lavorare la materia. Sono questi gli ingredienti della mostra organizzata nella periferia di Vicenza, in un vecchio sito in cui veniva macinato il grano, dove persiste un’allure protoindustriale che sembra dialogare/scontrarsi/interagire con le opere.
Al primo piano, le cibachrome di Gabriel Orozco (1962) che sembrano catturare l’energia del luogo e catalizzarla nel Circulo tangente, una circonferenza nera disegnata sul muro secondo le dimensioni della parete. Ma è il video 3 Ster mit Ausblick del giovane tedesco Michael Sailstorfer (1979) a catalizzare l’attenzione: uno chalet viene demolito per alimentare la stufa che è al suo interno. E poi ci sono i suoni a bassa frequenza che fanno vibrare deaf bar, scultura di vetro che ricorda un po’ Melotti, di Paolo Piscitelli (1971).
Dovendo scegliere la leggerezza la scultura ricorre al suono e al rumore anche nell’opera The moon gatherers di Steve Roden (1964), installazione di otto bottiglie che amplificano i suoni prodotti dall’altoparlante di cui ciascuna è dotata al proprio interno. Nella stanza accanto Milkstone di Wolfgang Laib (1950), algida lastra di marmo sulla cui superficie superiore viene versato il latte necessario a coprirla (che deve essere cambiato ogni giorno): le interazioni tra inorganico/organico corrono su un filo.
Ma è sulle scale che, dopo un video con una performance di Erwin Wurm (1954), incontriamo Simone Berti (1966) che gioca con la luce che entra da una finestra accarezzandola e modellandola quasi a volerne sottolineare la natura corpuscolare.
Impossibile invece non essere colpiti da Hans Schabus (1970), artista che rappresenterà l’Austria alla prossima Biennale, che in un video inquietante impone agli spettatori di seguirlo in un percorso che porta al suo studio illuminato di abbacinante luce neon. Destano interesse le due opere di Gianni Caravaggio (1968),
Ma a fianco ad opere di “small music” di Rolf Julius (1939), alle stampe di Rachel Whiteread (1963) ed alcuni disegni di Max Neuhaus (1939) che riproducono i concetti delle proprie installazioni, è il lavoro Nuvola di semi di Christiane Löhr (1965) a colpire per levità e poeticità. Una nuvola inconsistente di soffioni delicatamente adagiati ad una retina, emblema di come la scultura dei nostri giorni, tanto più se leggera, debba inseguire le più arcaiche forme della natura.
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Anch'io ho visitato questa bella mostra, molto ben curata come se ne vedono poche in Italia. Meriterebbe un articolo meno incompleto e meno superficiale. Basti dire che si dimentica di citare uno degli artisti presenti in mostra,Barocco Francesco, una sorpresa nel panorama dei giovani artisti italiani.Peccato per exibart.