Categorie: altrecittà

Fino al 20.IX.2015 | Hermann Nitsch. Das Orgien Mysterien Theater. | Zac – Zisa Arte Contemporanea, Palermo

di - 11 Luglio 2015
“C’era una volta…e nell’attimo in cui si spezza il tempo, in questo sprofondamento del territorio reale che la favola ha inizio con il suo carico di sogni, desideri, rituali e magie. Sulla tavola dei destini si spartiscono lo spazio, bene e male, vita e morte, luce e ombra, mondo umano e animale in perenne trasmutazione”. Così scrive Mimma Pisani in un catalogo del 1990, edito per una mostra di Vettor Pisani presso la Galleria In Arco di Torino. Così si potrebbe scrivere per la mostra di Hermann Nitsch (Vienna, 1938) a Palermo. Serve, però, fare un passo indietro: una polemica precedente ha infuocato il dibattito siciliano sul progetto di Nitsch – nel febbraio del 2015 la Fondazione Jumex di Città del Messico cancella, improvvisamente, la mostra del maestro austriaco. I motivi? Dinamiche interne alla fondazione, pare essere stata la risposta ufficiale. Le polemiche e le pressioni di animalisti sono state le cause apparenti. La palla rimbalza in Sicilia, grazie alla visione e al lavoro di Andrea Cusumano, Assessore alla Cultura che, dal suo insediamento, ha dedicato energie per il rilancio del padiglione Zac, ai Cantieri Culturali alla Zisa. Dopo la mostra di Regina Josè Galindo, un nuovo progetto di respiro internazionale, organizzato da ruber.contemporanea: la mostra di Hermann Nitsch non è messa in discussione. Questa è la posizione dell’amministrazione palermitana. Questa è, in linea di massima, la posizione del mondo dell’arte. Dall’altra parte della barricata però, cresce il germe del dissenso di animalisti e detentori di una morale che a prescindere, senza se e senza ma, fanno coincidere l’etica con l’estetica. Esatta intuizione, infatti tornando alle parole di Mimma Pisani “bene e male, vita e morte, mondo umano e animale in perenne trasmutazione”, sembra chiaro che l’estetica è voce del polifonico mondo dell’etica. La domanda ricorrente, però, su i social network è: perché chiamare tutto questo arte? Due posizioni, due modi di concepire la vita e soprattutto due modi di concepire la rappresentazione visiva. Due diversi metri di misura per stabilire l’unità di un valore morale. In un macrosistema di riflessione verrebbe da dire: è accaduto tutto così, naturalmente, o c’è qualcuno che ha lavorato per procurare al pianeta (o meglio, all’Occidente) questo singolare strabismo? Difficile rispondere; di certo si tratta di uno svarione ontologico e forse la soluzione sarebbe cercare un terreno completamente inedito in cui parole come arte e morale non servano a riequilibrare e calibrare i giochi dialettici di sistemi di potere che, in fondo, potrebbero far a meno anche della gente e della loro opinione. Assurdo, no? Allora un terreno inedito potrebbe avere i propri presupposti nell’indice completo di modelli e tipi arrivati fino ai giorni nostri. Assurdo? No.

Entrando nel merito dell’opera di Nitsch e scavando su modelli e tipi ereditati dallo stesso autore e dal mondo occidentale in generale, si arriva al concetto di drammaturgia, di tragedia (tra i fondamenti della nostra cultura) e viaggiando non lontano da questa linea, non possono non venire in mente i rituali che sono il fondamento della nostra cultura, e i confini che esistono e sono presenti fra la sfera dell’umano e quella dell’animale, e capire, dunque, non tanto quali siano, quanto cercare di capire come vengano costruiti e manipolati. Hermann Nitsch è un drammaturgo che si occupa della rappresentazione della morte e della vita, è dunque un màgheiros (cuoco), una figura che nella procedura dei sacrifici animali, cui seguiva il pasto in comune delle carni dell’animale sacrificato (vedi Seneca, ad es. “Tieste” – con le dovute differenze del caso), racchiude in sé le persone dell’uccisore, del macellaio, del cuoco. Nitsch è, però, un màgheiros imperfetto: infatti nei corpi, pur distinguendo le parti esterne da quelle interne, tagliando le membra come un esperto di anatomia, secondo le articolazioni naturali, e osservando uno scrupoloso rituale, non uccide nessun animale. Tutto coerente: rappresentazione visiva, drammaturgia, teatro. Tutto lineare. Resta da chiedersi perché definire il proprio lavoro “Teatro delle Orgie e dei Misteri”, quando in senso stretto la prassi del teatro è opposta a quella dell’orgia. Il teatro ha un codice, una gerarchia che manca nelle azioni orgiastiche, seppur ritualizzate. Codice e gerarchie che, però, sono presenti nelle azioni di Nitsch. Si tratta dunque di un teatro sciamanico, una sorta di pre-drammaturgia che lega ancor di più l’azione dell’uomo al corpo dell’animale. Viene da pensare all’importanza di essere allo stesso tempo raccoglitori e cacciatori, come predisposizione cognitiva dell’uomo, o meglio di Homo Sapiens Sapiens, dal Pleistocene ad oggi, e come la carne e la caccia non abbiano avuto un ruolo solo sul metabolismo, ma anche sulla carica simbolica che costituisce una rivoluzione relazionale forse più importante della scoperta del fuoco. Dinamiche originarie si potrebbe pensare, e verrebbe da farsi un paio di domande su allevamento intensivo e macellazione industriale. Problemi concreti, reali, da denunciare (in sede opportuna); non estetici però, di contenuto certo, ma non di forma.
L’esposizione presenta un percorso simbolico ed estremamente concettuale, non cronologico, la vita e la morte: tanti altari agghindati e quaranta tele di grandi dimensioni in una infilata continua lungo il tunnel del padiglione, fino ad arrestarsi di fronte alla grande “Farmacia” e ai tavoli da lavoro, allestititi chirurgicamente; residui di azioni dal 1995 ad oggi; una carica gestuale così crudamente poetica che fa i conti con la ‘clinica’ documentazione fotografica delle azioni e dei video-documenti, allestiti in fondo al padiglione. Tornando, però, al teatro di Nitsch e al codice drammaturgico, per paradosso, ogni contestazione inerente i progetti del maestro austriaco sembra seguire lo stesso codice del teatro antico, in cui i ‘censori’ appaiono come il ‘coro’ che non è sempre presente sulla scena e, in alcuni casi, è all’oscuro di qualcosa. Si tratta di un artificio che comporta una sfasatura, o la differenza fra i punti di vista dei personaggi e del coro, creando un contrasto, o un’atmosfera di sconcerto. Auspicabile sarebbe assottigliare la distanza tra il ‘coro’ e i personaggi.
Salvatore Davì
mostra visitata il 9 luglio 2015
Dal 10 luglio al 20 settembre 2015
Hermann Nitsch. Das orgien mysterien theater
Cantieri Culturali alla Zisa – Zac, Zisa Arti Contemporanee, Palermo
Orari: dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle ore 18.30
Info: cultura@comune.palermo.it, rubercontemporanea@gmail.com

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