Una “sequenza dissonante” di grandi tele dipinte è la materia della mostra, alla galleria A+B di Brescia, di Michele Lombardelli.
Presentate da un acuto testo di Alfredo Sigolo, le opere sono l’approdo dell’artista alla grande dimensione e ad una pittura più densa, compatta e distesa sulla tela, dopo aver già esplorato dipinti su piccola dimensione – al limite tra il materico e il graffito – oltre ad aver praticato diversi ambiti artistici concettuali, come scultura, installazione, musica, editoria.
Nella presentazione troviamo la traccia di un perseverante lavoro volto alla rarefazione o meglio alla riduzione dell’elemento narrativo-figurativo, per raggiungere un livello di essenzialità che si accosta al lavoro letterario di Samuel Beckett, in sottrazione dell’elemento descrittivo rispetto alla desiderata neutrale purezza del testo.
Ciò si evince di primo acchito nell’osservare le opere, che si mostrano in una staticità quasi tautologica, secondo forme geometriche che, a distanza, appaiono ferme e ridotte ad una semplicità che non sembra avere esiti aspettati.
Richiamati dall’atmosfera di inequivocabile attesa di significato e di accadimento che le opere generano – di nuovo Beckett – la percezione ravvicinata delle tele rivela l’altro tema sottolineato nella presentazione: l’essenza volutamente pittorica, “ridotta all’osso”, ma sostenuta da una stesura compatta, di quei grigi che formano i campi fondamentali su cui muovere, o forse collocare aspettando che si muovano, le forme; grigi a cui sono stati sottratti via via altri toni, colori, luci.
Michele Lombardelli – Dissonant sequence, vista della mostra
In questi campi si dispongono le forme geometriche che, se da distante appaiono fisse, da vicino suggeriscono – tramite i loro limiti, i loro contorni – impercettibili ma sempre più allusivi movimenti: in un caso è la rotazione dell’impronta lasciata sul campo da cui si stacca un poliedro marginato di bianco, nell’altro l’aprirsi di un esagono di buio denso sul grigio di base, in altri due le sfumature azzurre o rosse che si intravvedono tramite la tecnica di “lievo” del colore applicato attraverso “strisce” impregnate, in altra è la non conformità dei lati di un rettangolo rispetto alla sua matrice che inclinandosi svela un movimento nelle sfumature di buio.
L’attesa comincia quindi a trovare una soddisfazione con queste forme non più coerenti con il contesto, che generano distacco – quasi un meteorite da un astro –, strappi assertivi, sfumate atmosfere aliene – l’altrove – al di là delle finestre tagliate nel grigio, nuove prospettive attraverso la rotazione nel buio di un nuovo campo generato dal “grigio”.
La solitudine compatta dei campi di grigio – in impercettibile dialogo con i movimenti suggeriti dalle forme geometriche – genera una tensione che da monocromatica diventa monofonica, una sorta di “bordone” musicale, sotteso come una base di cornamusa, di sitar, come una vibrazione musicale elettronica, quasi da atmosfera fantascientifica, che sembra consona alle altre ricerche dell’artista.
Ed alla fine della pervicace spogliazione di elementi narrativi, la sequenza si conclude nella muta presenza dell’opera-scultura in ceramica, così essenziale che davvero appare una sorta di Omega di un ciclo di cui il “movimento suggerito” era l’Alfa, elidendo alla fine anche questo accenno.
Un’opera muta e aniconica, che propone un dibattito – come sempre nelle stimolanti mostre di questa galleria – sui limiti della sottrazione finale sia del significato che del significante, rispetto alla necessità di comunicare, evocare e far percepire.
Marco Ticozzi
mostra visitata il 2 febbraio
Dal 19 Gennaio 2018 al 22 Febbraio 2019
Michele Lombardelli, Sequenza dissonante
Dal Giovedì al Sabato, ore 15/19.
A+B galleria
Via Gabriele Rosa, 20a 25121 – Brescia
Info: www.aplusbgallery.it / gallery@aplusb.it