L’ormai familiare binomio tra archeologia e arte contemporanea va in scena anche a Tivoli con una mostra emblematica sin dal titolo, “E dimmi che non vuoi morire: il mito di Niobe”, ospitata negli spazi dell’Antiquarium al Santuario di Ercole Vincitore e curata da Andrea Bruciati e Micaela Angle. L’esposizione, inaugurata il 6 luglio scorso, è nata dall’intento di valorizzare il gruppo scultoreo dei Niobìdi risalente alla prima età imperiale e rinvenuto durante degli scavi a Ciampino nel 2012, esposto ora per la prima volta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro. Nonché di celebrare il neonato Istituto Autonomo del Mibact, che riunisce in un unico organismo il Santuario e le ville di Tivoli patrimonio dell’Unesco – Villa Adriana e Villa d’Este – come ultima eredità della riforma Franceschini. L’occasione perfetta per rievocare il mito antico viene offerta dall’anniversario della morte del poeta Ovidio, che nelle sue Metamorfosi narrò le tragiche vicissitudini della bella ma troppo superba Niobe, punita atrocemente dalla dea Latona per eccesso di hybris (e di fertilità) con l’uccisione dell’intera sua progenie. La mostra riesce a raccontare, con uno storytelling che attraversa i secoli, l’atroce massacro dei quindici figli e figlie della regina di Tebe rendendolo una dramma attuale, partendo dalla statuaria classica brillantemente salvata dall’oblio per passare a incisioni e incunaboli Cinquecenteschi, approdando poi ai diversi linguaggi dell’arte dagli anni Trenta ad oggi.
Vanessa Beecroft, vb84, Sala di Niobe – Uffizi, 2017
Una panoramica dunque a 360 gradi su un mito greco giunto intatto fino all’arte contemporanea, fonte di ispirazione sia per le avanguardie storiche – curiosissima la pièce teatrale musicata del 1925 di Alberto Savinio, con costumi disegnati da Giorgio De Chirico – sia per gli artisti concettuali, che scelgono di leggere nell’icona femminile soprattutto una donna, una madre, una martire. Così, in un filmato di Ana Mendieta – Burial Pyramid (1974) – la sfortunata regina viene impersonata dall’artista stessa mentre cerca di liberarsi da un cumulo di rocce che la sotterra, simbolo del martirio auto-inflitto della pietrificazione. Vanessa Beecroft, invece, omaggia il mito nella recentissima performance vb84 del 2017, svoltasi proprio agli Uffizi nella Sala di Niobe, dove decine di corpi nudi di donne coperte da veli candidi si muovono come statue viventi che si risvegliano lentamente dall’immobilità. Infine, un’opera drammatica di Giulio Paolini chiude il percorso espositivo: in Red Carpet (2013-2014) due piedi di gesso poggiano anonimi su una macchia di sangue scarlatto grande come l’intera stanza, tratta dalla Saint Vierge II di Francis Picabia, ricordandoci l’universalità (e l’attualità) del dolore e della violenza. Una mostra che nasce dunque da un progetto scientifico ma che ne oltrepassa efficacemente i confini accademici scegliendo la strada del dialogo con la contemporaneità, oggi sempre più urgente soprattutto per il visitatore, accorciando così la distanza temporale tra archeologia e presente e azzerando le diversità tra i vari linguaggi artistici alla luce di un appello comune: E dimmi che non vuoi morire.
Alice Bortolazzo
Dal 7 luglio al 23 settembre 2018
Santuario di Ercole Vincitore
Via degli Stabilimenti 5
00019, Tivoli (RM)
Orari: tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 19.00, la biglietteria chiude alle ore 18.00.
Ogni domenica di luglio e agosto dalle ore 10.00 alle ore 22.00, la biglietteria chiude alle 21.00
Info: Tel.: +390774330329