La sovraesposizione a uno stimolo spesso mina i suoi effetti. E’ ciò che accade oggi con il tema della migrazione, rispetto al quale siamo quotidianamente bombardati da articoli, proclami, dichiarazioni e teorie su questo “problema”. Anche se descriverlo come tale non è corretto, con l’uso eccessivo della parola migrazione che l’ha quasi svuotata del suo significato. Un significato vero e profondo, perché parla di persone, di vite, di sfide per la sopravvivenza. Da qui nasce il progetto fotografico di Luca Sola, fotoreporter impegnato sulle tematiche sociali, umanitarie e geopolitiche, con particolare attenzione al Medio Oriente, Africa ed Italia, che culminato nella mostra “Stimela” ospitata dal Caos Museum di Terni. Un’occasione per riflettere e osservare il fenomeno della migrazione da un altro punto di vista: meno legato a una visione eurocentrica della parola, che è finita col trasformare erroneamente un fenomeno enormemente vasto in qualcosa di più prosaico, sulla sfumatura del “noi e loro”. Una semplificazione inaccettabile, perché sfugge dalle vite che descrivono il fenomeno. Milioni di vite. Ed è proprio riflettendo sull’importanza della parola “noi”, che nasce il lavoro di Sola: convinto che uno dei suoi significati sia rappresentato dal desiderio umano e dall’illusione diffusa di meritare un futuro migliore.
Stimela significa “treno a vapore”, in lingua zulu: quel treno che per decenni ha portato migliaia di uomini, donne e bambini dal Centro Africa verso le miniere d’oro, di diamanti e platino del Sudafrica. Nelle immagini, scattate dentro e fuori i confini del Sudafrica, si svelano le conseguenze delle epidemie e della debilitazione, la ferocia degli arresti e le condizioni disumane delle carceri, la vita quotidiana nei campi di raccolta e la complessità dei conflitti etnici e interreligiosi, spesso fomentati e sostenuti dai leader dell’industria dei metalli preziosi e dai paesi avanzati. Ci sono uomini e donne che vengono dal Namibia, dal Malawi, dallo Zambia o dallo Zimbabwe. E dai vari Paesi dell’interno del Sud e Centro Africa. Il cuore spaccato del Continente che sputa fuori i propri figli mettendoli in viaggio come migranti. Procedendo verso Sud. In una storia dalla polarità inversa: una parte del mondo a cui il nord non interessa, riassunta al meglio nell’opera di Diamante Faraldo “A Nord del futuro”, esposta in mostra insieme agli scatti di Sola.
“Stimela. Southern Africa Migration Project” induce dunque una riflessione profonda su quanto sia necessario e urgente cambiare il nostro punto di vista, anche grazie all’uso del medium fotografico.
Provando a descrivere quel viaggio verso sud di molti migranti, che scelgono di scendere piuttosto che dirigersi a nord verso l’Europa. Direzione opposta. Stessi motivi. Stessi rischi e difficoltà. Ma con lo stesso dolore. Ed è proprio su questo ribaltamento, non solo geografico ma della percezione, che ha voluto puntare anche l’Arci di Terni, promotrice dell’esposizione. Provando a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità non solo dell’accoglienza – di cui si parla molto e male, al giorno d’oggi – ma anche dell’integrazione, di fronte a situazioni con le quali dobbiamo necessariamente convivere. A tutti i livelli e in qualunque luogo. Perché sono parte della nostra storia e non solo del nostro tempo. Sono nostre, in quanto essere umani.
Alessio Crisantemi
Mostra visitata il 10 dicembre
dal 24 novembre 2018 – 24 febbraio 2019
“Stimela. Southern Africa Migration Project”
a cura di: Lorenzo Respi
Caos, Centro arti opificio Siri, Terni
Sala Carroponte
T 0744/285946
www.caos.museum