Il paesaggio e la storia del Grande Fiume sono stati una formidabile fonte di ispirazione per la cultura figurativa del ‘900 e questa esposizione ne celebra i maestri ma ambisce anche a riscoprire nomi meno noti, tentando persino un’escursione nella complessa scena contemporanea.
Laura Gavioli, curatrice nel ’95 con Sgarbi della mostra Il Po del ‘900: arte e cinema letteratura al castello di Mesola (Ferrara) e, recentemente, de La memoria del Po tra Piacenza, Busseto e Gualtieri, torna ad occuparsi dell’arte padana: il ricordo dell’alluvione è però poco più di un pretesto per ricapitolare oltre un secolo di storia dell’arte.
La mostra prende le mosse dall’inizio del ‘900, documentando l’attività di un artista locale di grande spessore seppur ancora poco noto: di Mario Cavaglieri (presente anche alla mostra padovana sul Liberty) sono esposte numerose opere, tra cui spiccano “La cucitrice” del 1910 e “Giulietta con il cagnolino” del 1912. Di ben altra fama è Casorati, di cui si segnalano “Case padovane” del 1902 e “Ragazze padovane” del 1912, mentre del centese Aroldo Bonzagni è “Scena di matrimonio” del 1916.
Di Virgilio Guidi è esposto un capolavoro del ’29 dal titolo “La cucitrice”; di impostazione impressionista è l’opera giovanile “La ragazza col libro” (1928) di Carlo Levi, mentre la “Donna che legge, ritratto di Gianna” (s.d.) di Pio Semeghini evidenzia un lirismo intimo e umanissimo.
In mostra sono opere di Carena, De Pisis, Melli, Funi, Gentilini, Moreni e Mandelli. Bruno Saetti firma il bel “Bambini col gallo” del 1931, mentre Morlotti è presente con due opere di qualità del ’59.
In pieno periodo realista il dramma del ’51 attirò l’attenzione di numerosi artisti che documentarono con drammaticità l’evento: è il caso di Corrado Cagli, che realizza la serie “La rotta del Po”, della figurazione neocubista, di Pizzinato (il suo “Inondazione in Polesine” è il manifesto della mostra rodigina), di Edoardo Chendi, con la serie di tre opere del ’51 di grande slancio emotivo, del padovano Tono Zancanaro, forse il più intimamente coinvolto dall’avvenimento.
Il gruppo di Corrente è rappresentato dalla figura di maggior spicco, quell’Ernesto Treccani di cui è stato possibile esporre per la prima volta il carboncino dal titolo “Alluvione del Polesine” del ’52, ma anche da Gabriele Mucchi con “La rotta del Po” dello stesso ’51.
Si segnalano ancora una bella “Contadina che mangia” del ’54 di Franco Francese, tre opere sul Po degli anni ’40 di Foppiani, due bei paesaggi di Cassinari, una serie di Carlo Mattioli sul Grande Fiume realizzata tra il ’49 ed il ’58, le cose di Ligabue e Santomaso (non fra le migliori) e uno splendido “Capretto” di Luciano Minguzzi.
La grande attenzione di Giuseppe Zigaina per il mondo bracciantile è testimoniata da “Uomini del Po” del ’51, mentre delle curiosità sono le opere di un giovane Carlo Rambaldi (quello di E.T.) e di Cesare Zavattini.
Un catalogo completo correda la mostra, con schede bio-bibliografiche degli artisti e numerosi contributi storici e critici, fra i quali si segnalano quelli di Laura Gavioli, Margonari e Sgarbi, di Marzio Dall’Acqua, di Gian Antonio Cibotto (già autore di “Cronache dell’alluvione”, l’opera più significativa edita intorno al drammatico evento palesano) e di Giovanni Negri.
Tra le circa 230 opere esposte ve ne sono anche di artisti contemporanei, fra i quali i più noti sono Sergio Zanni, Giorgio Tonelli, Wainer Vaccari, Alessandro Papetti e Giovanni Frangi. Purtroppo proprio in questa sezione la mostra presenta evidenti limiti.
Rovigo con questo evento tenta di aprirsi ad un’attività espositiva di più ampio respiro, rispetto a quella localistica e di scarsa qualità che la caratterizza solitamente; un segnale incoraggiante che si spera non si esaurisca con i finanziamenti ottenuti dalla Regione Veneto per celebrare il 50° dell’Alluvione.
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