Chissà quanti sanno che nel mondo ci sono ventisette Verona. E in questo proliferare di Verona va a finire che per identificare quella “vera”, si cercano un’etichetta e un’identità fasulle, ma immediatamente riconoscibili da tutti. La Verona vera è forse quella Giulietta e Romeo, (o quella del pandoro o del marmo rosso), una storia falsa che ha cambiato la storia vera della città. È intorno a queste riflessioni che è nata la complessa installazione con cui Eugenio Tibaldi ha allestito la mostra “Red Verona”, a cura di Adele Cappelli, alla galleria Studio la Città di Verona.
Per Tibaldi, “esule” piemontese, giunto in questa fase della sua vita a vivere a Napoli, il problema dell’identità è una riflessione quotidiana, e questa volta ha scelto Verona, città come tante di provincia orgogliosamente arroccata dentro i confini rassicuranti della propria (bella) identità, per rivolgersi questo interrogativo. Nasce così “Red Verona” dedicata alla città che rossa non è mai stata, politicamente parlando, ma che di marmo rosso ha ricoperto gli involucri delle sue chiese antiche, diffondendo il prezioso materiale in tutto il mondo. Ma anche il “Rosso Verona” è diventato uno dei tanti cliché, falsificati in varie forme, più o meno kitsch, che hanno contribuito a diffondere la sua immagine, troppo spesso stereotipata, nel mondo.
Una mostra complessa e articolata, piena di rimandi e di significati incrociati e stratificati. Certo è che quella serie di scatti fatti da Tibaldi in vari quartieri della città, messi tutti in fila in una lunga catena, cuciti insieme dal tocco dell’artista, racconta in maniera molto esplicita della perdita di senso in cui la città sta scivolando, in cui ognuno di noi può scivolare, una perdita iniziata con la trasformazione di luoghi veri in luoghi falsi, in quegli anni ’30 in cui il mito di Giulietta prendeva corpo, complici Hollywood e il dictat della dirigenza fascista imposto a un geniale soprintendente, Antonio Avena. Una perdita che si respira nel linguaggio formale scelto da Tibaldi che staglia le aperture delle architetture fotografate sul vuoto di un cielo senza colore, senza qualità.
Edifici industriali dismessi, luoghi del centro storico occupati da impersonali catene commerciali in franchising, abbandoni ed edifici antichi trasformati da restauri e riusi si succedono facendo progressivamente aumentare il senso di smarrimento. Intanto nel tempo dell’osservazione si dipanano le note e la storia dell’opera che Tibaldi ha scritto, dal titolo “Romeno è Giulietta”. Qui c’è bisogno di una lettura, la comprensione si fa più difficile, non fosse altro per la lingua originale rumena che l’autore ha scelto per raccontare una storia di emigrazione e di ricerca di identità. Una storia, chissà, forse vera, o forse verosimile, che, sovrapponendosi a quella di Giulietta e Romeo, forse un giorno potrà di nuovo cambiare il destino della città.
Camilla Bertoni
mostra visitata il 21 febbraio
Dal 21 febbraio al 24 aprile 2015
Eugenio Tibaldi, Red Verona
Studio La Città
Lungadige Galtarossa, 21
37133 Verona
Orari: da martedì a sabato, 9.00-13.00 / 15.00-19.00