Molteplici sono le chiavi di lettura fornite dagli artisti in questa mostra sul tema del Mediterraneo, ma ciò che sembra ricorrere è il riferimento alla storia e alle religioni delle terre che si affacciano su queste acque. Significativo il video La morte sull’altra riva di Melih Gorgun. Solo un soffio è ciò che accoglie il visitatore in una sala buia, un soffio che è l’ultimo rantolo di vita di un moribondo, poi sullo schermo nero una figura sfocata. L’ultima visione prima del trapasso è un religioso che alterna i paramenti sacri dei tre credo monoteistici. La morte come un evento che approda al rito, un rito religioso ed enfatico che appartiene a chi rimane e non cambia la condizione di chi dà l’estremo saluto alla vita, qualsiasi fede professi.
Il sogno di convivenza tra Islam e Occidente trova spazio nelle opere iperrealiste di Alì Hassoun, in cui bambini della scuola coranica leggono i testi sacri ai piedi dei filosofi della Scuola di Atene o al cospetto del michelangiolesco Mosè.
In equilibrio perfetto ed ipnotico tra religiosità e sensualità di forme mediterranee sono le eccezionali Porte del Paradiso dell’egiziano Medhat Shafik. Un’opera fortemente materica, che associa oggetti antichi e d’uso quotidiano, alla ricchezza dell’oro, pigmenti coloratissimi a cromie basse, simbologia ultraterrena al segno umano concreto e scavato. Amparo Sard, con un raffinato video, mette al centro della sua rappresentazione l’acqua e la donna. Una fanciulla vestita di bianco, come una ninfa, affida al mare oggetti d’uso quotidiano: un letto, un tavolo, dei bicchieri, una valigia, un tappeto. Il suo è un mare in cui navigano memoria e ricordi. Suggestione e fascinazione creati dalla visione capovolta che si alterna a quella subacquea, dall’uso di un suono intimo e silenzioso, dalla luce solare ed espansa che passa dal bianco al verde ed al celeste senza accecare. Non mancano neppure riferimenti ai fatti d’attualità , ai conflitti recenti e tutt’ora in corso, come in Mrdjan Baijc o in Antonio Riello.
Una mostra che nella progettazione e nella scelta degli artisti e delle opere risulta eccellente, ma che si rivela lacunosa se non addirittura disastrosa in aspetti non meno importanti. Un lancio timido, manifesti inesistenti, nessun arazzo o totem ad indicarne la presenza nel castello, cataloghi introvabili in sede. Un altro evento dell’ARS MAC che sembrerebbe destinato ad unico uso e consumo degli addetti ai lavori.
Il luogo scelto certamente meriterebbe, ma l’allestimento e la gestione lasciano molto a desiderare, penalizzando un’operazione di rara qualità che non ha avuto il risalto adeguato. Non tutte le opere sono fruibili: dei 19 artisti invitati, solo i lavori di 12 sono visibili. E non tutti in maniera degna. Un caso per tutti: le stampe di Bajic. Tre elaborazioni digitali sono appoggiate in maniera casuale su due tavoloni. Per poterle osservare, le due guide (in realtà due archeologhe impegnate negli scavi del castello) che accompagnano i visitatori nella mostra, sollevano la prima lasciando intravedere, nel buio e in una cornice di polvere, quella sottostante. Illuminazione non funzionale alle opere e lavori fortunosamente collocati dove era possibile un reimpiego dell’impianto preesistente, studiato per valorizzare l’architettura e non certamente sculture, dipinti e installazioni.
Il pregevolissimo lavoro di Medhat Shafik è quello che più significativamente soffre di una luce assolutamente inappropriata. Tranne qualche rara eccezione, la sensazione generale è che i lavori siano momentaneamente accampati in un itinerario dai tempi frettolosamente scanditi da accompagnatori imposti e dalla godibilità cronometrata.
maria grazia taddeo
mostra visitata il 18 gennaio 2007
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Siamo alle solite! A Taranto c'è qualcuno che ha voglia di fare qualcosa per una città agli ultimi posti delle classifiche e tanti che se ne fregano e non valorizzano quel poco che c'è...a quando una rivoluzione culturale? Mah.....
Buongiorno,
penso sia una mostra molto interessante pur non avendola vista. Vorrei sapere se toccherĂ altre cittĂ .
Grazie e buon lavoro.
Adriana Buongiovanni
spirale arte milano docet!