Un bellissimo giardino botanico settecentesco, nel cuore di Parma. Per una volta, non sembra neanche una collettiva italiana: è come stare in Danimarca, o in Olanda.
L’aspetto più interessante della mostra, probabilmente, è che la maggior parte dei lavori si mimetizza perfettamente nell’ambiente circostante, fatto di piante rare e strane specie vegetali. La natura è infatti il tema centrale, e tutti gli artisti si sono confrontati con questo concetto, che oggi rischia di evaporare dall’orizzonte culturale, soppiantato dall’habitat mediatico e cibernetico.
Così, Paolo Parisi, in un’operazione di alto profilo e di grande interesse (Nomi dei colori classici – verdi, 2007), ha preso come spunto il metodo internazionale di classificazione dei colori elaborato in Germania nel 1927 (la mazzetta RAL), scegliendo ovviamente la scala dei verdi. Ogni tinta è posta su targhe in acciaio smaltate davanti ad una pianta, associata ad essa in base alla specie botanica o al colore. A completare il lavoro, una didascalia stampata su carta velina in eleganti caratteri ‘botanici’, e distribuita agli spettatori.
Francesco Carone invece, in linea con la sua poetica, ha circondato il tronco di un albero gigantesco con un anello quadrato costruito con più di mille metri gialli (Hortus conclusus, 2007): un’installazione dal sapore fortemente metafisico, la sensazione netta di un’epifania, una macchia assurdamente geometrica che spunta all’improvviso nel verde rigoglioso. Sempre nel giardino, da segnalare l’opera di Nicola Toffolini (Crescita prestata, 2007), forse la migliore in mostra: un’edera soffocata da una morsa di legno, e trattenuta contro il muro da due raffinati elastici celesti, sta crescendo nella costrizione e nella tortura. Come un bonsai postmoderno.
Enrico Morsiani, con Natale (2007), si è invece abbandonato alla nostalgia ed alla tradizione, addobbando uno degli alberi con decorazioni natalizie: dall’albero escono i Christmas jingle cantati dall’autore stesso, in un loop di reminescenza infantile e di stereotipi giocati ed incrociati. Sempre sull’audio si basa l’installazione di Silvia Cini, Guida ai percorsi eterei (2007): due narrazioni, una scientifica ed una fantastica, si sovrappongono e si fondono, grazie ad audioguide installate sugli alberi. Chiara Camoni, invece, ha composto su un tavolo da lavoro 60 sculture in terracotta di oggetti botanici (Sculture per orto botanico, 2007).
Altre opere si sviluppano all’interno delle serre, in ambienti di grande fascino e richiamo contemporaneo. Pantani Surace lavorano di fino, e ci regalano una doppia installazione, evocativa e romantica (Voglio sentire il rumore delle cose, 2007). Nella prima, una goccia che scende ritmicamente dal lampadario di cristallo ‘fuori posto’ rende incredibilmente vive le felci sottostanti. Fuori, una fontana disegna magicamente un cuore nell’acqua, ritagliandolo all’interno di una coltura di organismi unicellulari simili a muffe verdastre.
Nella seconda serra, Paolo Gonzato oppone una palma plasticosa e vintage (Karaoke Paradise, 2007), memore dei New Order e di Miami Vice, alla natura autentica che la circonda: qual’è la versione più vera? Di fronte, il video di Michel Fliri, Infertile save pet (2004), che vuole suggerire l’antropomorfizzazione della natura e la primordiale simbiosi tra essere umano e paesaggio.
Nel complesso, una mostra collettiva con un’idea forte alla base, ben installata in un ambiente perfetto e confortevole, che ha invogliato anche la partecipazione di un pubblico di non addetti ai lavori, normalmente estraneo alle mostre di giovane arte.
christian caliandro
mostra visitata il 12 maggio 2007
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