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Fino al 26.I.2019 | A.E.I.O.U. Da Klimt a Hausner a Wurm. L’arte austriaca nella Collezione Würth | Art Forum Würth, Capena

di - 5 Aprile 2017
Capitale dell’impero austroungarico, Vienna vive nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento il suo canto del cigno. Mentre la multietnica compagine statale è progressivamente logorata dalle molteplici spinte indipendentiste, che di lì a poco la trascineranno nella tragedia della Grande Guerra, la città conosce la stagione culturale più intensa della sua storia, nota con il nome di Secessione. È l’inizio di un’ininterrotta sperimentazione artistica che attraversa per intero il secolo breve e a cui rende merito la mostra “A.E.I.O.U. Da Klimt a Hausner a Wurm. L’arte austriaca nella Collezione Würth”, ordinata nell’Art Forum di Capena, spazio espositivo annesso allo stabilimento romano della nota multinazionale tedesca. Il titolo allude al motto mistico che l’imperatore Federico III fece apporre nel XV secolo sul suo stemma, su documenti, inventari ed edifici. Il suo significato è ancora oggi ambiguo, forse “Austria Europae Imago, Onus, Unio” (L’Austria come immagine, onore e unione dell’Europa) o “Austriae est imperare orbi universo” (Spetta all’Austria governare il mondo).
Ma esiste un tratto comune nella produzione artistica austriaca del secolo appena trascorso? Per Eva Di Stefano, studiosa tra le più autorevoli in Italia del periodo in esame, il trait d’union va riconosciuto nel rapporto tra arte e psiche, nell’introspezione e nella possibilità d’indagine del dramma esistenziale. A Vienna d’altronde inizia la storia della psicoanalisi moderna. Il 1900 è per alcuni la fine delle certezze, il tramonto de “l’età d’oro della società borghese” (Stefan  Zweig), “La gaia apocalisse” (Hermanne Boch), “Il terreno di prova per la distruzione del mondo” (Karl Kraus).
A partire dagli inizi del secolo l’interesse per gli oscuri risvolti della psiche permea tutta la cultura austriaca, dalla scienza all’arte. Tra i primi a recepire questo complesso rapporto vi sono Franz von Stuck, Ferdinand Hodler e soprattutto Gustave Klimt, che nella sua produzione riesce a coniugare conturbante bellezza e istanze psicoanalitiche, un equilibrio che le successive sperimentazioni espressioniste perderanno in favore dell’esclusivo predominio della visione interiore. Del massimo artista viennese la mostra presenta Ragazzo veneziano del 1881 ca. L’opera, la più datata del percorso, appartenente al periodo giovanile, è ancora improntata a ricerche di tipo realista benché già metta in luce le qualità tecniche ed introspettive del suo autore. Se in Klimt permane la bellezza della forma questa si perde con i suoi diretti successori Schiele e Kokoschka. Di quest’ultimo, autore di ritratti dipinti “nella loro ansia e nel loro panico”, la mostra presenta L’agave, testimonianza della piena maturità in cui la propensione espressionista si registra nel segno rapido e nell’uso disinvolto del colore. L’opera in mostra che meglio rivela l’incontro tra suggestioni estetizzanti ed espressionismo è, tuttavia, Ragazza sul divano del 1913 di Alfons Walde: mentre il motivo della ragazza distesa sul divano rinvia a modelli klimtiani, le pennellate sciolte e vibranti e il contrasto tra il verginale candore della donna e i colori tetri dell’ambiente sono oramai dichiaratamente espressionisti.

Il percorso espositivo prosegue senza soluzioni di continuità tra suggestioni tardoimpressioniste (Strada di Delft di Carl Fahringer del 1927) e cezanniane (Natura morta in blu di Robini Christian Andersen del 1922 ca.) per arrivare al definitivo imporsi delle tendenze introspettive. Figura emblematica di questo progressivo passaggio è Hansen Fronius che attraversa per intero il Novecento assistendo alla fine dell’Impero asburgico, alla conquista nazista, al ritorno della democrazia e alla nascita dei Nuovi Selvaggi in Germania e della Transavanguardia in Italia. Nelle sue opere rimane fedele ad una figurazione instabile e ad un uso energico e spento del colore. In Toledo del 1977, in particolare, trasforma il soleggiato paesaggio spagnolo in uno scenario tetro e minaccioso. Una figurazione ansiogena e drammatica che persiste nella produzione pittorica austriaca per tutta la seconda metà del Novecento. Ne costituiscono un chiaro esempio Rudolf Hradil, artefice di paesaggi apparentemente tranquilli ma dominati da grigi, marroni e verdoni, e Rudolf Hausner autore di una figurazione di vaga ascendenza surrealista, sofferente e inquietante, ben esemplificato dal dipinto-manifesto Il piccolo cappello del folle del 1963. Il dipinto è il ritratto di un pazzo, forse un’allegoria dell’artista, certamente un esiliato dal mondo; ha sulla testa un cappello a barchetta (riferimento simbolico all’immagine quattrocentesca della nave dei folli) e iconograficamente recupera l’attitudine di Schiele, Gerstl e Kokoschka di rappresentare personaggi smarriti, malinconici, corrotti interiormente. Una visione drammatica della realtà che pochi anni più tardi esplode, quasi in un gesto liberatorio, nell’azionismo viennese. In Secessione del 1987 di Hermann Nitsch il colore rosso, alla sua massima potenzialità, saturo e sanguigno, ferisce la tela e vi si espande rivelando l’azione e l’energia dell’artista all’atto creativo.
Un percorso compiuto parallelamente anche dalla scultura. Protagonisti importanti del tracciato plastico sono Fritz Wotruba, che nelle sue sculture totemiche e geometrizzate auspica una nuova perfezione per l’essere umano, e Alfred Hrdicka che nel trattare ininterrottamente per un cinquantennio il mito di Marsia (1955-2009) ha recuperato l’immagine del corpo allo spasimo, con assonanze, anche formali, alla pittura di Schiele.
Nella molteplicità di nomi e maniere la mostra all’Art Forum di Capena rende giustizia ad un’area geografica europea centrale per lo sviluppo e il progredire di tendenze introspettive, contribuendo a comprendere la grandezza di artisti già noti e a farne conoscere altri, in una visione dell’arte differenziata, plurima, eppure assai coerente con se stessa.
Carmelo Cipriani
mostra visitata l’11 febbraio
Dal 13 febbraio 2017 al 26 gennaio 2019
A.E.I.O.U. Da Klimt a Hausner a Wurm. L’arte austriaca nella Collezione Würth
Art Forum Würth Capena
Viale della Buona Fortuna 2, 00060 Capena (Rm)
Orari: dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 17.00.
Info: 0690103800, www.artforumwuerth.it

Nato a Terlizzi nel 1980, è giornalista, critico d’arte e curatore indipendente. Dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Lecce, si perfeziona sull'Arte del Novecento all'Università degli Studi di Bari. Già cultore della materia in Museologia presso l’Università degli Studi della Calabria e docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Vibo Valentia, ha condotto studi specialistici e curato mostre per Soprintendenze, istituzioni e musei.  

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