Categorie: altrecittà

Fino al 26.X.2014 | Fuori Confine | Marca, Catanzaro

di - 12 Ottobre 2014
Niente può essere contenuto e quel che si può comprendere nella sua quasi inebriante interezza, lo è anche per via della sua stessa negazione. Quando ci si riflette sul confine, si viene a compromesso con la pura alterità, con i “dentro” ed i “fuori” di un mondo in costante espansione, delle forme schizofreniche ed affamate, vocianti ed inesauribili, che navigano come predoni su flussi volatili e che crediamo di riporre compostamente al di là o al di dentro della nostra naturale membrana culturale. L’atto decostruttivo imponendosi come costante ha reso al museo una perenne labilità, trasfondendo la sua essenza in un’immateriale linea di fuga, una fessura spaziale infinitesimale o un bordo dalla tinta nuance e dai colori in scorporo, dalle trame sempre meno fitte o nella sapienza di una nota a margine.

Cogliamo appieno questo pensiero nella marginalità che è anche leit motiv della mostra “Fuori Confine”, inaugurata al Marca di Catanzaro il 18 settembre a cura di Alberto Fiz e Serena Carbone, organizzata dalla Provincia di Catanzaro in collaborazione con la Dena Foundation for Contemporary Art.
A-Polidi di Silvia Pujia e Maria Teresa Zingarello, è un’opera multi-planare che intersecandosi su più porzioni di spazio, intenzionata a convogliare al suo interno l’infinito. Per terra viene tracciata una triangolazione su un piano di sale sul quale si compie il calpestio dei sans-marge. Da uno dei limiti del triangolo si proietta un doppio fascio d’immagini su parti di spazio divergenti e sfruttando una base colonnare che sorge al centro della triangolazione, come suo limite di convergenza, si uniscono i due movimenti circolari un infinito, eternizzando in un’interminabile xenìa, l’ospitalità, il meltin e lo scontro inevitabile. In Listening room di Laura Stancanelli, l’ibridazione dell’esterno si compie attraverso una folla indisciplinata di fonofanie tanto incontenibili da berciare lo spazio bianco. Il bianco, che per sua intrinseca natura è multidisciplinare acromia, asfittica costrittività, viene a sua volta sovrastato e contrastato da immagini fono-faniche. Le fantasticherie innescate tramite il ricordo al mostrarsi della voce, che superano la fitta barriera acromica, anche per uso della tecnica, sono manifesto di accettazione e passaggio ineludibile. Le opere di Sebastiano Dammone-Sessa, mi hanno ricordato il libro di Sacks, L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Come il neuroscienziato, un medico un po’ naturalista, egli è l’artista artigiano che nello spazio ristretto di un margine alter-strutturato compie la sintesi di una condizione umana che è alle volte circolare altre spiralizzata.
Il resto va tangente alle idee che ho del contemporaneo. L’ambito museale è un contenitore di dissonanze, fantasmagorie e rustici e dogmatici incastri dal retrogusto di cappa e spada, ma l’opera, ecco quel frammento è atto non più azione. Il confine però è volontà di storia e di plebiscito, passa costantemente per lo stato (il cerchio), dio (il triangolo) e l’uomo (il muro) e rimette i pensieri in oblio.
Andrea Tortorella
Dal 18 settembre al 26 ottobre 2014
Fuori confine
MARCA, Catanzaro
Via Alessandro Turco 63
Orari: da martedì a domenica 9,30-13; 16-20,30

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