Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
13
settembre 2014
Fino al 26.X.2014 Una stagione informale. Capolavori della Collezione Reverberi Museo Archeologico Regionale, Aosta
altrecittà
Cosa hanno in comune il fare musica e l’arte informale? La collezione di un musicista risponde a questa domanda. Con coerenza ed empatia -
di Luigi Abbate
C’è da restare a bocca aperta per almeno due motivi. Il primo è la sorpresa, il secondo la qualità. Stiamo parlando di “Una stagione informale. Capolavori della Collezione Reverberi” in mostra al Museo Archeologico Regionale di Aosta. Gian Piero Reverberi è musicista: arrangiatore, collaboratore, fra gli altri, di Fabrizio De André, e produttore – a lui si deve il celebre gruppo “neobarocco” Rondò veneziano. Ma è anche un sensibile collezionista che nell’arco di trent’anni ha costruito un gioiello di raccolta coerente nella scelta dell’ambito storico stilistico, l’esperienza pittorica dell’informale colta nel momento della prima fioritura creativa, datata fra i ‘50 e l’inizio dei ‘70.
Due le sezioni. La prima mostra opere di protagonisti della ricerca italiana ed europea di quegli anni, tenendo anche conto degli immediati pregressi. Afro ad esempio è presente con una pittura astratta del ’56, come astratto è un delizioso Santomaso del ’48; ma di entrambi si danno testimonianze informali degli anni a seguire. Le tensioni materiche s’intravvedono in un Fautrier che riesce ancora a tenerle a bada con nuances di colori pastello: presto cederanno il posto a ben più accese cromìe e alla furia vulcanica di due Appel. Da Burri e Manzoni e da Vedova e Tancredi fino a Corpora e Gallizio lo spettro italiano sembra troppo ampio, ma non è così. Presegnico un Novelli, del ’57 come un Perilli e il primo di due Dorazio, di freschezza sgargiante ancor ignara dei geometrici reticoli del secondo, del ’64: quasi didascalico l’accostamento. Esempi di tendenze che evidenziano la complessità del contesto internazionale: Hartung e Mathieu, Corneille e Riopelle, CoBrA e Penck, il nipponico Gutai con un grandioso Shiraga. Meno vistosi i nomi, ma non meno esemplari Bertini, Bendini, Borella, Saroni, Monnini, e poi gli ispanici Canogar e Clavé, Anja Decker, Piene, il russo Zack. Esemplari per materiali e tecniche pittoriche utilizzate: oli, tempere e tecniche miste su tela, cartoncino, carta intelata o masonite: testimonianze d’inquietudine nell’utilizzo della materia tutta, ansia di fagocitarla nel gesto pittorico.
La seconda sezione propone lavori più recenti – tra cui il Sam Francis del manifesto – che dialogano con gli antecedenti mantenendone la violenza del gesto (Nitsch), stemperandola dall’interno (Spagnulo, Ruggeri), recuperandone segni e simboli (Olivieri, Verna, De Maria).
Scrive Beatrice Buscaroli, che con Bruno Bandini ha scelto una novantina fra le oltre 300 opere della collezione: «Informale è una costellazione all’interno della quale Reverberi ha scelto alcuni percorsi, vie d’accesso… non sempre anti-naturalistiche, ma dove la nozione di natura è tenuta in disparte, parla in modo più che sommesso». E quand’anche si palesa un barlume di figura, è delineato dall’amico Bargoni che disegna lo stesso Reverberi sopra due ritratti di Lindstrom “a tubetto intero”. Dunque non un “arcangeliano”, Reverberi, ma un grande appassionato che, sempre in catalogo, spiega il perché di un’inevitabile affinità elettiva fra l’agire nei territori dell’astrazione pura cui è “condannato” il fare del musicista e quelli simili dell’Informel.
All’uscita, il senso di appagamento è frenato dal desiderio di rivedere le opere esposte. C’è tempo fino al 26 ottobre per farlo.
Luigi Abbate
Mostra visitata il 19 luglio
Dal 21 giugno al 26 ottobre 2014
Aosta, Museo Archeologico Regionale
Piazza Roncas, 12
Orari: martedi-domenica 10.00-18.00, chiuso il lunedì
Info: +39.0165.275501 – 275902 – www.regione.vda.it – u-mostre@regione.vda.it