La mostra di Max Beckmann, apertasi al Museo di Mendrisio e curata da Siegfried Gohr, è una antologica di notevole interesse, anche perché consente di conoscere più da vicino un artista poco noto nel nostro Paese (l’unica mostra è quella alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, che risale al 1996).
Nato a Lipsia nel 1884 e morto a New York nel 1950, possiamo dire che la vita artistica di Max Beckmann è stata caratterizzata da continui alti e bassi. Momenti di successo e momenti di grande crisi si sono alternati durante la sua esistenza, a causa anche delle vicende storiche alle quali ha partecipato e che hanno sempre inciso pesantemente sulla sua persona e sulla sua creatività artistica: la precoce celebrità, la Grande Guerra che lo segnò nell’animo (era stato infermiere volontario), l’avvento del nazismo che definì “degenerata” la sua arte (oltre 600 sue opere furono eliminate dai Musei tedeschi), il triste esilio ad Amsterdam e il successo negli Stati Uniti, nell’ultima parte della sua vita.
Qualcuno lo ha definito il “grande solitario della cultura del Novecento”. In realtà, il suo lavoro non è facile da classificare e si intreccia in modo complesso anche con le diverse tecniche da lui utilizzate: olio, acquerello, grafica(puntasecca, xilografia, litografia), scultura. A cui si aggiunge il suo originalissimo modo di “ripensare” certi soggetti pittorici tradizionali come le nature morte, le scene d’interni, il paesaggio, il ritratto e rivitalizzarli attraverso significati allegorici, mitologici, spesso difficili da decifrare.
All’inizio, la sua esperienza artistica è influenzata da una sorta di tardo impressionismo, fortemente legato alla tradizione dei secoli passati con influsso del gotico tedesco, in contrapposizione con le avanguardie. La sua idea è perseguire “con tutta l’anima la pittura che ha profondità”, cercare di cogliere con il suo lavoro “lo spirito del tempo”, penetrare la realtà dell’”immenso teatro del mondo”, cercando di esorcizzarne le tragedie, l’orrore (dipinse opere sul naufragio del Titanic e sul terremoto di Messina), il che lo porterà vicino all’espressionismo tedesco per poi superarlo avvicinandosi alla “Nuova Oggettività”.
Max Beckmann 1933 – L’assassinio
Le influenze di artisti e stili diversi sono frequenti nelle opere di Beckmann. Sta al fruitore saperle cogliere. Qualche esempio: El Greco riemerge, insieme a echi di Cézanne nello “Studio per la Resurrezione”, nel “Paesaggio con mongolfiera” la composizione ricorda certi lavori di Henri Rousseau. Ma, indubbiamente, Max Beckmann mostra una personalità forte, decisa, perentoria, soprattutto nei suoi numerosi autoritratti, ossessionato, forse solo come lo fu il grande Rembrandt, dal voler diventare il soggetto preferito della sua pittura, con l’ansia un po’ maniacale di scorgere i segni del passare del tempo sul suo viso o le diverse variazioni espressive a seconda delle circostanze e degli umori. Senza dimenticare, il vezzo di mostrarsi all’interno di opere diverse, quasi come un Hitchcock del pennello (vedasi l’opera “Siesta”).
Importanti in questa mostra antologica sono i lavori di grafica (ne sono esposti 80). D’altra parte, la grafica era, almeno fino al 1933, periodo in cui l’inflazione galoppava, un ottimo strumento di investimento, adatto a tutte le tasche. Ecco, perché su molti di questi lavori Beckmann intervenne arricchendoli con colori ad acquerello, per aumentarne il valore. Delle raccolte di grafiche del pittore tedesco, una riguarda soggetti legati alla Grande Guerra; un’altra, dove il segno si fa più caustico e maligno, in cui si vedono torture, sevizie, stupri, come ne “La notte” (1919), “L’obitorio”(1922), con l’esposizione macabra di cadaveri, o “L’assassinio”(1933), un interno borghese devastato, forse da una colluttazione, con tracce di sangue di una vittima. Un’altra raccolta è riservata ad aspetti più leggeri: il teatro, il circo, il varietà; quella che risale al periodo della Repubblica di Weimar è dedicata ai piaceri dei ricchi (gli spogliarelli) e dei poveri (le gozzoviglie nelle bettole). L’ultima raccolta riguarda opere con temi più difficili da comprendere, dove le figure e le scene diventano enigmatiche e cariche di oscuri simbolismi.
Ugo Perugini
Mostra visitata il 25 ottobre
Dal 28 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019
Max Beckmann. Dipinti, acquerelli, disegni e grafiche
Museo d’Arte di Mendrisio
Piazzetta dei Serviti 1
Mendrisio