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Fino al 27.VIII. 2017 | Lands End | Gagliano del Capo

di - 7 Agosto 2017
Gagliano del Capo, cinquemila abitanti ai margini della penisola, a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca. Il piccolo paese pugliese è il centro di un progetto contemporaneo inaugurato otto anni fa da Capo d’Arte, l’organizzazione di Francesca Bonomo e Francesco Petrucci che, coraggiosamente e con esigui appoggi istituzionali, hanno dato l’avvio tra palazzi signorili, vecchie case e archivi abbandonati a una serie di collettive curate da Ludovico Preatesi e alle mostre di Yang Fudong, dei Soundwalk e di Shilpa Gupta a cura Massimo Torregiani.
Quest’anno Gagliano ospita Lands end Contemporary Art Festival (nel Salento sono fioriti decine di festival e Gagliano potrebbe avere prospettive diverse) che nasce dal lavoro sinergico di Capo d’Arte con altre due associazioni, Ramdom e Noon, e la presenza di mostre si è quadruplicata.
Capo d’Arte ha ospitato nel mese d’aprile due artisti francesi consolidando i programmi di residenze in collaborazione con l’Accademia di Francia a Roma-Villa Medici. Eva Jospin ha ascoltato la natura e ha raccolto foglie di ulivo e ghiande di quercia, coltivazioni a rischio di estinzione, simbolo di un disastro ambientale che sta trasformando il sud della Puglia in un paesaggio desertificato. Le ha infilate in un filo di rame e le ha sospese su una volta di una casa abbandonata del centro storico. Una trama fragile come l’ambiente in pericolo e che richiama la semplicità spoglia della cultura contadina.
Simone Rouby ha scelto la relazione con le persone. Nel suo documentario, proiettato in una piccola casa racconta i sogni notturni di due giovani  migranti della Guinea, di amici e cittadini di Gagliano. Testimonianze che parlano di emigrazioni – quelle di ieri quelle di oggi – con il piccolo paese crocevia di culture e differenze. Dall’alto dell’orrido del ponte del Ciolo, dentro una gola di roccia che arriva nel mare, ha proiettato solo per due sere Slepping Giants, con le immagini dei suoi protagonisti. La roccia è diventata letto, le gambe e i piedi dei dormienti finivano nell’acqua e il luogo dall’altezza spettacolare si è trasformato in un approdo, in un giaciglio in cui si ascoltava il suono dei sogni.
Daniele D’Acquisto, Regola
In fondo al paese ci sono i binari delle ferrovie. Da alcuni anni la stazione (l’ultima della Puglia) è diventata è la sede dell’associazione Ramdom fondata da Luca Coclite e Paolo Mele, anche loro un duo dotato di un certo coraggio, visto che hanno trasformato il primo piano dello scalo ferroviario in un centro delle residenze artistiche internazionali di “Default. Indagine nelle terre estreme”  e in un laboratorio di pensieri multidisciplinari, polo di attrazione per giovani creativi a testimonianza di un lavoro dentro e con il territorio. Con “Stati di estremi di impossibilità” presentano Andrew Friend, Giorgio Garippa & Oliver Palmer, Brett Swenson, Matthew C. Wilson, a cura di Francesca Girelli e Heba Amin. Una selezione di lavori delle edizioni precedenti di Default mentre in una strada che corre lungo i binari Antonio De Luca ha installato permanentemente il suo giardino sonoro (curato anche questo da Ramdom) e bisogna aspettare il vento per sentire risuonare le alte aste bianche che costeggiano i muretti a secco.
Nuova presenza a Gagliano è quella dell’associazione NOON con la personale a Palazzo Comi di Daniele D’Acquisto curata da Lorenzo Madaro. Sono i due fondatori della neonata associazione e il dialogo a due ritorna anche nella piccola pubblicazione che accompagna la mostra, un breviario critico-affettivo con i titoli dei testi che hanno segnato la loro formazione.
Con lo spazio del palazzo D’Acquisto avvia un dialogo sistemico e i cinque elementi collocati al piano terra sono soprattutto meccanismi spaziali. Nascono dalle rotazioni, moltiplicazioni, espansioni di una cornice di un vecchio mobile che ha seguito l’artista nei suoi spostamenti. È uno strumento regolativo che apre la mostra e l’aggancia a una dimensione affettiva e intima. Il lavoro di D’Acquisto fa fluire l’esistenza dentro la forma e nello spazio, nel legno “ecologico” di okumè (della famiglia del mogano ma molto più povero), la trasforma in “regola”, in elementi minimali che si agganciano al pavimento, alle pareti, al soffitto e che trovano la loro logica nel luogo dove sono collocati.
Nelle Gallerie di Palazzo Daniele, che l’anno passato hanno ospitato Claudio Abate, è stata allestita la mostra “Misurare il tempo” di Giancarlo Pediconi e Simon d’Exéa a cura di Duccio Trombadori. Quelle di Pediconi sono fotografie di archeologie industriali, neo-cattedrali che nell’abbandono rivelano la loro bellezza monumentale insieme a frantoi ipogei, tabacchifici e luoghi di antiche attività locali.
Anche Simon d’Exéa, che è stato assistente di Abate, fotografa le architetture ma con una logica che attinge anche alla storia dell’arte perché nelle sovrapposizioni e nelle velature gli edifici acquistano echi piranesiani e suprematisti. Un lavoro meditato fatto di tagli simultanei, di luci, velature, dettagli, vuoti e pieni anche in questo caso con le presenze alcune architetture salentine anche se, e per fortuna, con nessuna intenzione referenziale.
Marinilde Giannandrea
Mostra visitata il 29 luglio 2017
dal 29 luglio al 27 agosto 2017
Lands End Contemporary Art Festival
Gagliano del Capo (LE), 73034
Eva Jospin e Simon Rouby
Via XXIV Maggio
Stati estremi di necessità
Lastation, Piazzale Stazione, 2
Sonàrie. Giardino d’Attesa di Antonio De Luca
Via della Libertà
Misurare il tempo. Giancarlo Pediconi e Simon d’Exèa
Gallerie Palazzo Daniele
Orari: tutti i giorni, 19-23

dal 29 luglio al 14 agosto 2017
Daniele D’Acquisto. Regola
Palazzo Comi
Orari: tutti i giorni, 19-22.30

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