Il white cube murattiano è listato a
Verde: all’esterno, la bella trovata di mascherare le vetrate e i cancelli con stendardi in tinta, vergati con prose e poesia; all’interno, sebbene l’amichevole selezione fra conterranei abbia sovraffollato di spunti visivi l’esposizione, l’attrattiva del colore-guida dona all’insieme un fascino indiscutibile.
Promotore, il veterano
Gianni Leone: sue le lambda macro, da pellicola, di velati spunti catalizzati da teloni sintetici e piante di fico d’India; analoga lunghezza d’onda per il “verdedentro” di
Loredana Moretti, desunto da polaroid, e quello “aggettante” di
Stefano Di Marco, per il sottobosco di
Luigi Billi e il verde urbano, dialogo tra natura e artificio da “concubinato ecologico”, di
Rosa Ciano,
Alessandro Cirillo,
Cosmo Laera e
Nicolai Ciannamea, regista di uno gustoso diario di viaggio, marino e di superficie. Sono immagini che invitano a “entrare” nella materia vivente, fatta di luce, terra, vegetazione, fino a farne respirare gli odori: lo fa bene
Antonio Tartaglione.
Meritato spazio è dato al classicismo documentario di
Angela Cioce – di grande equilibrio i reportage fatti a Cuba – e
Beppe Gernone; fresco il video
Bari Cambia di
Nicola Amato; innocua la trasgressione delle street-photo dei
Porka’s p-Proj. Tra gli scatti più patinati, emerge
Homo viridis di
Tommaso Lagattolla, con subliminale allusione al logotipo Benetton.
Percorrendo il labirinto di pareti provvisorie, capita di imbattersi in situazioni d’allarme: inchioda il
nonsguardo sbarrato, stampato su pvc da
Donatella Tummillo e
Pietro Barone, o il divieto d’ingresso di
Annamaria Ippolito, come le divise dei giocatori di ruolo del soft-air ritratti da
Fabrizio Rossiello o degli addetti ospedalieri di
Sergio Leopardi.
Nonsolofoto per
Massimo Ruiu, per il concettuale “rosso più rosso” di
Tullio De Gennaro, per l’increspata astrazione del
Nilo di carta di
Iginio Iurilli, per i graffiti su cera di
Claudio Cusatelli.
Le installazioni sono molteplici: si va dalla fotosintesi clorofilliana artificiale dell’emergente a New York
Giampiero Milella alle delicate lucciole di
Miki Carone, dall’originale tela cosparsa di germogli da innaffiare di
Giuseppe Bellini all’“albero degli sbagli” (o del riciclo) del designer
Alfio Cangiani, fino a qualche
déjà-vu. Davvero raffinate le gigantografie di
Daniela Corbascio, punzonate da neon di segno “positivo e negativo”, che stigmatizzano le labbra del critico Pietro Marino, voce tagliente o benevola.
Alla serenità che questo colore spesso incarna, l’esistenzialista
Francesco Schiavulli risponde interpretando il verde nella sua accezione negativa. A raccontarlo, in cinque video, un medico, un attore, gente comune afflitta dell’indigenza e dalla malattia, lo stesso artista-performer e il suo “esercito degli umili”, sorretto da poetiche “soste meditative” in ferro, per uno straniante happening. Da segnalare, infie, il progetto di
Donatella Caproglio,
La porta verde, prezioso centro d’ascolto per i bambini da 0 a 3 anni.