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24
giugno 2009
fino al 28.VI.2009 Michele Giangrande / Giuseppe Teofilo Polignano (ba), Palazzo Pascali
altrecittà
Un’arte temporanea accoglie nel museo dedicato a Pascali. Con una doppia personale che inizia intimista e si chiude in maniera solare. Giocando sugli stereotipi del Sud...
Alcuni anni fa, il Comune di Polignano ha acquistato le imponenti forbici-installazione di Giuseppe Teofilo e Michele Giangrande; entrambi ora animano il Museo Pino Pascali, dando lo start up al progetto regionale Circuito del Contemporaneo.
È una “convivenza” parallela e differente: più intimista Teofilo, più solare Michele Giangrande (Bari, 1979; vive a Mola di Bari). È di quest’ultimo la Temporary Art all’ingresso, opera per cui pare ad hoc la citazione di Carlo Berardi: “Non c’è soluzione perché non c’è problema”. L’effimero è rappresentato dalle candele accese, a suggellare la “precarietà” di un’arte che si offre quale personale remake del ready made di duchiampiana memoria, della prassi surrealista dell’objet trouvé, del filone pop statunitense e poverista/concettuale italiano, ruotando inevitabilmente intorno alla figura di Pino Pascali e sottolineandone l’eredità culturale e creativa.
Generando un “magico deposito degli oggetti smarriti” (Rosalba Branà), attingendo da mercatini, ipermercati, botteghe e scantinati, Giangrande mescola il tutto ai ricordi d’infanzia. I 600 metri da sarta compongono l’intreccio del tappeto di tre metri per tre; cinque metri flessibili delineano un uomo vitruviano a parete, così come Osvaldo Cavandoli costruiva il personaggio della Lagostina. Per il barese è simbolo del “misurarsi e misurare” e dell’armonia, come in Leonardo.
Interventi più discreti ma intriganti sono il martello targato INRI, l’uso di capelli per un nido e alcuni pennelli, lo zerbino finto-nazionalista, la sedia a dondolo che dice “no”, il girotondo di cravatte vintage e le simpatiche matrioske smaltate a mano con il ghigno sorridente del cavalier Berlusconi. Arte che sembra quasi “benedetta” da una sorta di spensieratezza cronica, almeno apparente; un mix tra cultura alta e cultura popolare.
Per Giuseppe Teofilo (Monopoli, Bari, 1981; vive a Polignano a Mare, Bari), a parte alcune tangenze, l’approdo è tutt’altro. Un numero più limitato d’interventi, un filo conduttore linguistico, per stile e medium, molto coerente, addirittura monotono, dove l’opera si fa concreta e non è solo concetto, divertimento, provocazione. È soprattutto poesia delicata, dalla barca culla, al gozzo arso o a quello a forma di cucchiaio (entrambi, barca e cucchiaio, servono a procurarsi cibo…).
Interventi leggeri, a volte sublimi, realizzati in materiali umili che – mettendo il mare al centro dell’opera – rimarcano sì un’anima medierranea, un “essere del Sud” quale origine, ma anche i condizionamenti culturali ancora permanenti. La balconata-gabbia è l’assunto più chiaro: il tipico parapetto, in ferro battuto baroccheggiante, viene dilatato e richiuso su se stesso, a tutto tondo, diventando iper-protettivo.
Teofilo è un artista che modernizza il concetto, che gioca con la memoria storica e con se stesso, senza sovrastrutture cervellotiche, forte della matura qualità della sua produzione. Emblematiche due opere: l’ovale gravido di centinaia di pescioini, che nasconde un microscopico autoritratto accovacciato, e il video in cui l’artista si offre alla nostra attenzione, fumando e flirtando sensualmente con una sigaretta accesa, fino a consumarla.
Esaltazione di un’eleganza neo-dandy, che contraddistingue entrambi gli artisti anche nel vissuto quotidiano.
È una “convivenza” parallela e differente: più intimista Teofilo, più solare Michele Giangrande (Bari, 1979; vive a Mola di Bari). È di quest’ultimo la Temporary Art all’ingresso, opera per cui pare ad hoc la citazione di Carlo Berardi: “Non c’è soluzione perché non c’è problema”. L’effimero è rappresentato dalle candele accese, a suggellare la “precarietà” di un’arte che si offre quale personale remake del ready made di duchiampiana memoria, della prassi surrealista dell’objet trouvé, del filone pop statunitense e poverista/concettuale italiano, ruotando inevitabilmente intorno alla figura di Pino Pascali e sottolineandone l’eredità culturale e creativa.
Generando un “magico deposito degli oggetti smarriti” (Rosalba Branà), attingendo da mercatini, ipermercati, botteghe e scantinati, Giangrande mescola il tutto ai ricordi d’infanzia. I 600 metri da sarta compongono l’intreccio del tappeto di tre metri per tre; cinque metri flessibili delineano un uomo vitruviano a parete, così come Osvaldo Cavandoli costruiva il personaggio della Lagostina. Per il barese è simbolo del “misurarsi e misurare” e dell’armonia, come in Leonardo.
Interventi più discreti ma intriganti sono il martello targato INRI, l’uso di capelli per un nido e alcuni pennelli, lo zerbino finto-nazionalista, la sedia a dondolo che dice “no”, il girotondo di cravatte vintage e le simpatiche matrioske smaltate a mano con il ghigno sorridente del cavalier Berlusconi. Arte che sembra quasi “benedetta” da una sorta di spensieratezza cronica, almeno apparente; un mix tra cultura alta e cultura popolare.
Per Giuseppe Teofilo (Monopoli, Bari, 1981; vive a Polignano a Mare, Bari), a parte alcune tangenze, l’approdo è tutt’altro. Un numero più limitato d’interventi, un filo conduttore linguistico, per stile e medium, molto coerente, addirittura monotono, dove l’opera si fa concreta e non è solo concetto, divertimento, provocazione. È soprattutto poesia delicata, dalla barca culla, al gozzo arso o a quello a forma di cucchiaio (entrambi, barca e cucchiaio, servono a procurarsi cibo…).
Interventi leggeri, a volte sublimi, realizzati in materiali umili che – mettendo il mare al centro dell’opera – rimarcano sì un’anima medierranea, un “essere del Sud” quale origine, ma anche i condizionamenti culturali ancora permanenti. La balconata-gabbia è l’assunto più chiaro: il tipico parapetto, in ferro battuto baroccheggiante, viene dilatato e richiuso su se stesso, a tutto tondo, diventando iper-protettivo.
Teofilo è un artista che modernizza il concetto, che gioca con la memoria storica e con se stesso, senza sovrastrutture cervellotiche, forte della matura qualità della sua produzione. Emblematiche due opere: l’ovale gravido di centinaia di pescioini, che nasconde un microscopico autoritratto accovacciato, e il video in cui l’artista si offre alla nostra attenzione, fumando e flirtando sensualmente con una sigaretta accesa, fino a consumarla.
Esaltazione di un’eleganza neo-dandy, che contraddistingue entrambi gli artisti anche nel vissuto quotidiano.
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Michele Giangrande / Giuseppe Teofilo
a cura di Rosalba Branà Palazzo Pino Pascali – Museo Comunale d’arte contemporanea
Via San Vito, 40 – 70044 Polignano a mare (BA)
Orario: da mercoledì a sabato ore 18.30-21.30; domenica ore 11-13 e 18.30-21.30
Ingresso libero
Catalogo con testi di Carlo Berardi e Angelo Delli Santi
Info: tel. +39 0804249239; museo@palazzopinopascali.it; www.palazzopinopascali.it
[exibart]
Meravigliosaaaaaa!!!! molto molto originale!!!!!!!
Stupendi i lavori di Teofilo