Nelle parole del sindaco Mennitti si avverte l’orgoglio per l’ambizioso progetto di rinascita culturale che sta portando avanti la città di Brindisi, ora in concorrenza con Venezia e Ravenna per lo scettro di Capitale europea della cultura nel 2019. Lo dimostra anche questa mostra, che è tra le prime celebrazioni del centenario del Futurismo. Un avvenimento culturale di rilievo, che vede il coinvolgimento del Museo Boncompagni-Ludovisi nella persona della sua direttrice, Maristella Margozzi, già curatrice della mostra inaugurale di Palazzo Nervegna dedicata a
Marcello Avenali.
Il titolo rimanda alla collezione privata che è messa in mostra, opera della passione per l’arte futurista della famiglia Salvadori, il cui erede, Paolo Roberto, ha provveduto nel corso degli ultimi dieci anni al ripristino e al restauro conservativo dei lavori. Una raccolta che propone soprattutto un aspetto del multiforme movimento, la grafica pubblicitaria, attraverso bozzetti, copertine e carte che lasciano chiaramente intendere quale fosse la volontà primaria dei firmatari del
Manifesto: svecchiare l’arte, nel contesto italiano dell’inizio del secolo scorso, e andare incontro al futuro, affrontando le tematiche della velocità, del dinamismo, della macchina, della fabbrica.
Da questo tentativo nacque un grande movimento, che raggiunse e superò le altre avanguardie europee, trasformandosi in una “furia” che invase ogni ambito della vita quotidiana:
dalla cucina, con le ricette futuriste, alla moda, con gli abiti scomponibili, arrivando alle esasperazioni dei concetti che condussero all’esaltazione della guerra come forza rinnovatrice (alcuni esponenti del movimento, tra cui
Boccioni e
Sant’Elia, caddero durante il primo conflitto mondiale). La pubblicità, intesa come strumento innovativo di comunicazione, destò immediatamente l’attenzione dei futuristi, e in mostra se ne possono trovare parecchi esempi interessanti.
Dato che il futurismo fu soprattutto un movimento di rottura, inteso a scardinare anche l’immobilismo delle collezioni museali, la rassegna brindisina propone anche un approfondimento sulla danza dell’epoca, con le foto della ballerina Giannina Censi e la performance inaugurale di un suo allievo,
Pier Paolo Koss. Non mancano d’altro canto la moda e il costume, con i disegni di
Ottorino Mancioli degli anni ’20-’30, nonché il cinema, con lo spezzone del film
Vitesse di
Pippo Oriani, unico esemplare rimastoci di film futurista.
Tutto ciò non deve far pensare che non vi siano dipinti in mostra. Al contrario, ve ne sono di grande interesse e forte impatto visivo: uno fra tutti, simbolicamente pubblicato sulla copertina del catalogo, la
Visione di porto (1931) di
Benedetta Cappa Marinetti. Senza dimenticare altri suggestivi pezzi della collezione, come il modello delle scarpe decorate da
Giacomo Balla.