Il tempo, flusso interrotto dalla discontinuità delle occasioni, e la morte di cui la vita si nutre sono due punti fermi della bulimica ricerca artistica di Dario Agrimi, di cui la mostra “Oggi è il domani di ieri” (la prima esposizione d’arte contemporanea nel restaurato Palazzo Gioia di Corato), a cura di Alexander Larrarte, presenta dodici progetti installativi realizzati dal 2010 a oggi. Se quella mortuaria è materia concreta che l’artista maneggia senza remore o timori, il tempo invece non è in sé oggetto di rappresentazione, ma la sua incalzante necessità costituisce una sorta di superiore premessa, indispensabile per accostare il lavoro di Agrimi. Il tempo è sì ingovernabile, ma costellato di occasioni, momenti di interruzione del flusso e disconnessione del senso, dissonanza cognitiva, shock esperienziali, illuminazioni, cortocircuiti emotivi: condizioni e sentimenti, questi, che tanto piacciono ad Agrimi e perciò attivati come un filo conduttore del rapporto con lo spettatore, con l’intento di sfidare la pigrizia di uno sguardo superficiale.
Partiamo da ieri, per dare un ordine cronologico e provare a sbrogliare la matassa del titolo, che sembra uno scioglilingua o un indovinello. E, in particolare, dall’unica opera inedita della mostra: “Evoluzione della specie”. Semplicemente un rotolo di carta igienica? No, non uno qualsiasi, ma “il” rotolo, a sentire Agrimi, completamente privo di marca e connotato, in modo da essere nella sua semplicità eletto a rappresentante di una specie. Non solo di una tipologia di oggetto, ma dell’intero genere umano. Discorso scatologico con ambizione escatologica, in diretto dialogo con il migliore Novecento, da Piero Manzoni a Marcel Duchamp. Agrimi è così: colto, citazionista, sicuro di sé, sfacciato, provocatore, ironico, dissacrante, spiazzante. A volte persino irritante per quel modo che ha di sostituirsi all’opera, perché la sua personalità è a volte più iconica del suo stesso lavoro, che spesso parte da uno spunto autobiografico, raramente decrittabile e universalizzato. Da amare o da odiare, da prendere intero o da rigettare, senza mezze misure.
Alto e basso, effimero e morte, quasi un’ossessione, si coniugano in altri due lavori del 2010. Da una parte, R.I.P., incisione laser all’interno di un cubo di cristallo: souvenir pop, parente dei milioni venduti in giro per il mondo, recante però all’interno un macabro autoritratto. Dall’altra, SE, il canto dell’occasione perduta: un vecchio apparecchio telefonico contenuto all’interno di una teca squilla ogni dieci minuti senza che nessuno possa rispondere, per ricordare al pubblico l’angosciosa imponderabilità dell’appuntamento con il destino.
Dario Agrimi, Ilcriminenonpaga, 2011. Animale in tassidermia e fiore liofilizzato, dimensioni reali
Al passato, al 2011, appartengono anche le opere che utilizzano animali imbalsamati, esemplari di un bestiario sarcastico, paradossale, grottesco: l’Autocombustione impossibile di un pesce palla, l’Extension irreale del collo di un’oca o la gazza di Ilcriminenonpaga che reca una rosa nel becco, allegoria di un’Italia farsesca in cui i ladroni sono premiati anziché essere puniti. “L’artista non deve fermarsi alle sue capacità, ma deve realizzare quello che ha nella mente, senza porsi limiti pratici”, spiega Dario Agrimi. E così, dopo la tassidermia, il presente contempla le grandi sculture in silicone. Il magnetico gioco di prestigio dell’Ascesa (2012) vede protagonista ancora una volta l’artista, che si fa raffigurare morto, rigorosamente in giacca nera, in una deroga alla gravità congelata nel fermo immagine di una caduta all’incontrario.
Viene da tutti scambiata per la rappresentazione di un impiccato Non dice chi è (2015), apparizione luciferina di un’inquietante sagoma ammantata di nero, altro esercizio di sospensione antigravitazionale. Quasi un rebus, diremmo, o una sineddoche: l’unico particolare anatomico visibile sono infatti i piedi sospesi in un mentre di soglia; il resto è lasciato all’immaginazione, mescolando luoghi comuni, sfida alle leggi fisiche e fascinazione oltreumana. E il domani, cioè la direzione programmatica che informa la prossima ricerca di Agrimi? Il bastone piegato di Pieghe del tempo, oggetto inutile che segna il punto di non ritorno di una vita qualsiasi, il lightbox Comuni stati interiori e gli specchi MIAMO e Verità, lavori del 2017 in cui prevale l’ironia e la volontà di prendere lo spettatore per il bavero, facendo transitare su di lui il senso dell’opera. “Mi interessa la scienza comportamentale”, sentenzia beffardo l’artista, consegnandoci un mondo all’incontrario al di là di un vetro, oltre il quale ci contemplino i fantasmagorici abitanti di una dimensione aliena: oltre lo specchio, oltre la realtà, in un ribaltamento più vero del vero che ci vuole tutti intrappolati nello schermo (o nello scherno) di un’opera d’arte a misura di universo, su cui Dario Agrimi sfrontatamente ha messo la firma.
Francesco Paolo Del Re
Mostra visitata il 18 agosto
Dal 18 agosto al 29 ottobre 2017
Dario Agrimi. Oggi è il domani di ieri
Palazzo Gioia
Largo Plebiscito 24, Corato (Ba)
Orario: da venerdì a domenica dalle 19.00 alle 23.00
Info: Tel. 080.8720861 – Mail: corato@sistemamuseo.it