Auguste Rodin (1840-1917) continua ad appassionare nuove generazioni di ammiratori e studiosi. Non sorprende dunque il numero di mostre che negli ultimi anni sono state dedicate allo scultore francese: solo di recente l’ampia retrospettiva al Caixaforum di Barcellona, ed ora l’esposizione che il Centre Saint-Bénin di Aosta dedica ai rapporti che legano la sua produzione alla scrittura letteraria, attraverso quelle che sono state fonti d’ispirazione diretta o suggestioni culturali determinati la specifica qualità della sua ricerca: classica per vocazione, moderna per necessità storica.
Rainer Maria Rilke, segretario di Rodin fra il 1905 e il 1906, dichiarò che «nell’epoca in cui la sua arte prendeva forma e si preparava al grande balzo, (…) i pensieri di Rodin vagavano tra i libri dei poeti e vi attinsero un passato»; e, sulla stessa linea, Edmond de Goncourt, in un appunto del suo Journal, poteva osservare di Rodin che «la sua mente è un miscuglio di Dante, Michelangelo, Hugo e Delacroix». Si comprende bene allora l’importanza che il racconto letterario assume nell’opera di Rodin, il quale attualizza ad uno spirito moderno il passato attinto dai classici della letteratura di tutti i tempi e trae dalla citazione colta nuovi e ancora originali stimoli creativi per legittimare, amplificandola, la concezione monumentale della sua scultura.
L’esposizione prende le mosse da un bozzetto in gesso del 1880 de La Porte de l’Enfer: un’opera celeberrima rimasta incompiuta, nonostante Rodin vi avesse lavorato per oltre trent’anni, e forse, per la sua solenne maestosità, il più eloquente manifesto dell’ansia dello scultore per il monumento. I molti disegni e gli studi in mostra testimoniano di questa tensione dialettica, quasi antagonistica, di Rodin nei confronti di Dante, attraverso la proliferazione fantastica e incessante di riletture delle pagine della Commedia. Valga per tutti l’esempio di Fugit Amor o Paolo et Francesca (ante 1887), in cui l’abbraccio dei due innamorati si allunga in maniera innaturale nella posa fremente della loro bruciante passione/dannazione eterna.
Seguono gli studi per i monumenti a Honoré de Balzac e a Victor Hugo. Il primo, esposto al Salone di Parigi nel 1898, fu subito apostrofato come “larva informe”, “feto colossale”, “sacco di carbone”; mentre al secondo, dopo la lunga e accidentata evoluzione creativa documentata efficacemente dai modelli in mostra, fu negato l’accesso al Panthéon per cui era stato commissionato. L’indagine serratissima di Rodin sui volti, sullo sguardo arrovellato e la concentrazione intellettuale dei due scrittori, in un crescendo emotivo e plastico senza resa, dovette sembrare troppo al pubblico dei benpensanti parigini.
Chiude la rassegna una copia originale de Les Fleurs du Mal di Charles Baudelaire illustrata da Rodin con ventisei disegni a inchiostro. Il poeta francese ebbe una profonda influenza sullo scultore e l’unica testimonianza in bronzo rimasta del ritratto che Rodin avrebbe dovuto fargli, rivela la potenza angosciante di un’interpretazione plastica che si sfalda di fronte all’impossibilità fisica di una malattia dell’essere che è condanna senza appello della modernità.
davide lacagnina
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