Dennis Oppenheim (Washington, 1938; vive a New
York) è il protagonista del quarto appuntamento della rassegna
Intersezioni,
con cui si prosegue il percorso di
promozionee diffusione dell’arte contemporanea nelle regioni del Sud
Italia.
Artista che nel corso della sua lunga carriera ha vagato,
mai completamente persuaso, dalla scrittura alla performance, dal video alla
fotografia, dall’allestimento alla progettazione di spazi urbani, approdando alla
realizzazione di importanti opere pubbliche. Pioniere della Land Art negli anni
’60, si dilettò a tracciare anelli concentrici con grandi cerchi sulla neve e a
rasare figure geometriche su estesi campi di grano.
Notevole la
location affidata al curatore Alberto Fiz, e anche
l’investimento di risorse, così raro per la Calabria. Il parco di Scolacium è infatti
caratterizzato da peculiari presenze archeologiche della colonia romana che nel
122-123 a.c. s’insediò sulla città greca di Scylletion.
Laddove la cultura si è stratificata nel corso dei secoli,
risulta opportuna la diversificazione della proposta, accostando un patrimonio
storico di tal valore all’approfondimento dell’arte contemporanea. L’evento si
contraddistingue sin dall’inizio della visita: grandi coni rossi si stagliano a
modificare lo skyline del paesaggio. Ironia vuole che tali dimensioni ricordino
soprattutto l’odissea della Salerno-Reggio Calabria e il disagio a essa legato.
Il percorso sui ciottoli dell’ameno viale d’ingresso viene
di nuovo “turbato”, questa volta da
Alternative Landscape Components: un’installazione che a dir poco
stride con la mirabile cattedrale normanna che incanta con la sua solidità
secolare. Ci s’imbatte in rami di metallo che si biforcano per sorreggere bacinelle
e secchi di plastica. Una visione che infastidisce.
In questo caso risulta difficile per l’artista creare
paesaggi artificiali; il vasto contesto gli consente solo di inserire elementi
in contrasto con l’esistente, che cercano di apportare una rinnovata energia
vitalistica al territorio. Mai però quest’ultimo è apparso così
straordinariamente fedele a se stesso, armonioso nella testimonianza dei
passaggi delle civiltà scomparse. Ovunque un senso di grandezza che le opere di
Oppenheim invadono solo leggermente, restando ciò che sono: inopportune.
L’intervento risulta più riuscito nell’area del teatro che,
edificato nel I e II secolo, poteva contenere fino a 3500 spettatori. È lo
spazio che accoglie
Spashbuilding, installazione che intende apparire come un’esplosione
molecolare: elementi in fibra di vetro e metallo con sfere di varie dimensioni
si frastagliano in più punti, suggerendo la trasformazione della materia nel
corso del tempo.
E ancora, angeli con ali taglienti appesi ai rami
dell’uliveto e navicelle spaziali ai lati del foro; un’esperienza estetica di
difficile condivisione, anche se le strutture abitabili di
Electric Kisses appaiono citazioni interessanti
dell’arte islamica e accettabili nel contesto.
Al Marca di Catanzaro è possibile approfondire ampiamente
la conoscenza dell’artista anche osservando una raccolta completa dei suoi
progetti, il cui valore complessivo è fondamentale per ricerca e realizzazione
formale.